Autori: Andrea Neri
Molti incidenti subacquei, anche mortali, sono causati dalla narcosi da azoto.
Purtroppo la narcosi ha una caratteristica speciale, quella di lasciare gli effetti drammatici della sua azione, ma non le tracce che portano alla sua identificazione.
La narcosi ha le qualità per essere un perfetto serial-killer in quanto colpisce senza lasciare mai le proprie «impronte digitali». Pallonate da profondità che generano sovradistensioni polmonari o embolie, esaurimento dell’aria sul fondo, comportamenti tecnici inammissibili e annegamenti, spesso sono solo la risultante di questo particolare incidente.
La Narcosi da Azoto è giustamente descritta come una specie di ebbrezza alcoolica, un’alterazione delle proprie facoltà mentali che conduce a comportamenti irrazionali senza esserne consapevole.
Come in ogni fenomeno di ebbrezza, la vittima non ha la lucidità sufficiente per capacitarsi del proprio stato nello stesso modo in cui l’ubriaco non capisce come mai non riesce a infilare una chiave nella serratura della porta di casa.
La differenza sostanziale tra un ubriaco e un sub in narcosi è che l’ubriaco può anche addormentarsi davanti alla propria porta di casa, il sub invece, se si addormenta non si risveglia.
Una leggenda metropolitana
Tuttoggi vi sono subacquei che ritengono di poter gestire la narcosi da azoto allo stesso modo in cui chi ha «alzato troppo il gomito» è convinto di poter guidare la propria auto in sicurezza.
La narcosi non si gestisce affatto, questo deve essere ben chiaro, e se non appena avvertiti i primi segnali non si risale immediatamente a quote nettamente inferiori, le possibilità di un grave incidente sono elevate, per cui, se si vuole parlare di sicurezza, vera, reale, e non pittoresca, occorre prendere atto che la narcosi è bene che non ci sia.
La capacità di saper gestire la narcosi da azoto fa parte di una delle molteplici e variopinte leggende metropolitane, più preoccupanti da ascoltare. Purtroppo la convinzione di saper gestire la narcosi da azoto non alberga solo nella mente dei subacquei sportivi, ma anche in quella di alcuni istruttori e metodi didattici, onde per cui il problema non solo non è risolto, bensì alimentato.
La narcosi non si manifesta con un segnale dal proprio computer, da una lampadina che si accende o da una lancetta troppo bassa; la narcosi non si monitorizza, viene e basta. Fortunatamente la narcosi da azoto si manifesta per gradi, non in modo violento e inaspettato, per cui il sub può avere alcuni segnali premonitori che indicano l’avvicinarsi di questo problema e iniziare subito la risalita; la difficoltà consiste nel saper decifrare questi segni premonitori, nel «sapersi ascoltare» dote che matura con l’esperienza, ma perché convivere o «allenarsi» con la narcosi quando la si può evitare? Quante vittime da narcosi occorrono per convincersi che la narcosi deve essere evitata con un’adeguata prevenzione? A questo punto si potrebbe affermare che il nitrox può essere un mezzo per scendere in profondità in quanto riducendo l’azoto si riduce proporzionalmente la narcosi. Non è del tutto esatto perché in profondità bisogna fare i conti con la PO2 (tossicità dell’ossigeno) e l’anidride carbonica per cui se si vuole ridurre in modo consistente l’azoto di contro si innalzerà pericolosamente proprio la percentuale dell’ossigeno e automaticamente la sua pressione parziale. Divertiamoci a fare qualche esempio con vari tipi di nitrox.
Nitrox a confronto
Per conoscere la massima profondità che si può raggiungere con una data miscela nitrox basta applicare la legge di Dalton rappresentata qui di fianco e cioè si moltiplica la frazione del gas (in questo caso l’ossigeno) per la pressione totale o ambiente.
Per il nostro confronto useremo i limiti di PO2 1,4 e 1,6 bar e tre miscele nitrox campione: Nitrox27, Nitrox30, Nitrox32.
Massima profondità raggiungibile con 1,4 bar di PO2
Il Nitrox27 ha una massima profondità operativa di 41 metri. (1,4 : 0,27 = 5,185 ata)
Il Nitrox30 ha una massima profondità operativa di 36 metri. (1,4 : 0,30 = 4,666 ata)
Il Nitrox32 ha una massima profondità operativa di 33 metri. (1,4 : 0,32 = 4,375 ata)
Massima profondità raggiungibile con 1,6 bar di PO2
Il Nitrox27 ha una massima profondità operativa di 49 metri. (1,6 : 0,27 = 5,925 ata)
Il Nitrox30 ha una massima profondità operativa di 43 metri. (1,6 : 0,30 = 5,333 ata)
Il Nitrox32 ha una massima profondità operativa di 40 metri. (1,6 : 0,32 = 5,000 ata)
Come si può notare per superare di alcuni metri i normali limiti delle immersioni ricreative ad aria stabiliti a 40 metri, occorre esporsi a una maggiore PO2 e in termini di riduzione di narcosi i vantaggi sono mediocramente significativi come dimostra l’applicazione della formula END in ata (equivalent narcosis depth) che recita: pressione parziale dell’azoto diviso 0,79.
Nel caso del Nitrox27 la pressione parziale dell’azoto a 49 metri è 4.307 bar, diviso per 0.79 = 5,451 ata pari a 44 metri. Per cui il sub con Nitrox27 a 49 metri il sub si esporrebbe a una PO2 di 1,6 ata e a una narcosi equivalente ad aria di 44 metri.
Pensiamo sia chiaro quindi che il Nitrox non è una best-mix per fare immersioni profonde, mentre diventa una miscela magnifica, una vera best-mix per immersioni da 1 fino a un massimo di 30/35 metri.
Ma cosa c’è di meglio del nitrox e dell’aria per fare immersioni profonde?
Immersione profonda: regno del Trimix
Entriamo adesso nel regno delle miscele trimix e dell’immersione profonda, ma prima di farlo precisiamo cosa è e quando si usa il trimix.
Il trimix per le immersioni subacquee è una miscela sintetica di respirazione (come del resto lo è il nitrox) composta da tre gas: ossigeno, azoto ed elio.
Il trimix è impiegato nelle immersioni profonde e/o di rilevante permanenza sul fondo in modo da non subire alcun effetto della narcosi da azoto e quindi prevenire il più grande pericolo della deep-diving.
Nell’immersione profonda non esiste spazio per l’aria. L’aria può condurre alla narcosi da azoto in poco tempo e lo stesso azoto è un gas che durante le fasi di decompressione l’organismo tollera meno agevolmente rispetto all’elio.
Per cui, una volta accertata la pericolosità della narcosi da azoto, l’unico modo per ridurla in modo significativo è detrarre importanti quantità di azoto dalla miscela che sarà respirata in profondità, sostituendole con un altro gas dal potere narcotico quasi nullo: l’elio appunto. Ecco quindi nascere il trimix: ossigeno, azoto + elio.
Con il trimix il sub deve gestire le proprietà di tre gas, per cui diventa indispensabile un addestramento graduale.
Un addestramento graduale consente però di immergersi con consapevolezza di quello che si sta facendo e di stabilire con cognizione di causa quante «dosi» di elio, di ossigeno e di azoto inserire nel proprio trimix.
Con il trimix il subacqueo può decidere in anticipo quale sarà il livello di narcosi generato dalla sua miscela trimix alla massima profondità e anche la massima PO2 per controllare la tossicità dell’ossigeno. Si tratta del concetto della END riferita naturalmente alla pressione parziale dell’azoto. Facciamo un altro esempio.
Un sub decide di immergersi a 70 metri ed avere un livello di narcosi uguale a quello che avrebbe respirando aria a soli 20 metri, oltre a questo il sub desidera respirare sul fondo una miscela la cui PO2 non superi 1,2 bar, quali saranno le percentuali dei gas della sua miscela trimix?
Anche in questo caso si ricorre al «rombo» di Dalton.
A 20 metri respirando aria la pressione parziale dell’azoto (PN2) è 2,37 ata e questa sarà la PN2 dell’azoto nel trimix a 70 metri. A 70 metri ci sono 8 ata di pressione per cui per conoscere la percentuale dell’azoto nel trimix occorre eseguire 2,37 : 8 = 0,296 (FN2)
Passiamo adesso all’ossigeno. Il sub ha fissato il limite della PO2 a 1,2 bar e deve pertanto determinare la frazione dell’ossigeno del suo trimix che a 70 metri non superi 1,2 bar di pressione parziale.
Per conoscere la frazione o percentuale dell’ossigeno del trimix in oggetto si ricorre nuovamente al «rombo» di Dalton:
F= Pp : Ptot che applicando all’ossigeno fa 1,2 : 8 = 0,15 (FO2 ).
A questo punto il giuoco è fatto perché il subacqueo conosce le frazioni dell’azoto e dell’ossigeno, quella dell’elio sarà data per differenza, vediamo come.
La frazione dell’azoto è 0,296 (si arrotonda a 0,30), la frazione dell’ossigeno è 0,15 per cui sommando le due frazioni (0,30 + 0,15 = 0,45) rimane da conoscere quella dell’elio che sarà data da 1 – 0,45 = 0,55.
Il trimix (best-mix) per l’immersione pianificata dal sub sarà un 15/30/55 (15% di ossigeno,30% di azoto, 55% di elio).
Sembra difficile? Si, come ogni cosa che non si conosce.
Toccata e fuga
Con un po’ di malizia, cominciamo adesso a frugare nei cassetti nascosti di una specifica fascia di subacquei profondisti: le immersioni ping-pong o a rimbalzo.
Queste immersioni sono quelle dove il sub permane alla massima profondità per pochi, esigui minuti o ancor meno, sufficienti tuttavia a far memorizzare sul proprio computer la massima profondità raggiunta. L’obiettivo di queste immersioni è principalmente quello di poter dimostrare a se stesso, ma soprattutto agli altri, di essersi immerso a profondità ragguardevoli onde per cui di essere un sub di quelli «veri», meritevole di rispetto. Occorre precisare che pur non approvando questo sistema di autocelebrazione, lo preferiamo a quello dove il sub realizza tempi di fondo maggiori usando l’aria quale gas respiratorio in quanto in quest’ultimo caso, il rischio dell’incidente è nettamente più alto di quello delle immersioni a rimbalzo.
Per i motivi sopradescritti, le immersioni profonde definibili come una semplice toccata e fuga dalla profondità sono molto praticate, anche se difficilmente ammesse. Ai sub che amano vantarsi di immersioni «di quelle vere» occorrerebbe chiedere di poter visionare il grafico dell’immersione scaricabile dal computer subacqueo e siamo certi che avremmo piccole sorprese e/o grandi delusioni o più probabilmente, non sarebbe mostrato.
L’aria profonda o la deep-air diving è stata una pratica usata per molti anni, ma le conoscenze attuali indicano che tale disciplina non è la più sicura.
Il trimix consente tempi di permanenza sul fondo con il subacqueo in condizioni mentali di elevata lucidità, inavvicinabili con l’aria o con il nitrox.
Pensiamo per un attimo a un’emergenza in profondità: quali possono essere le reazioni di un subacqueo che si immerge con aria e pertanto innegabilmente condizionato dalla narcosi da azoto? Pensiamo per un attimo che l’emergenza non avviene appena giunti sul fondo ma dopo minuti e minuti di permanenza e di conseguenza pensiamo quale possa essere il livello di lucidità che fa individuare immediatamente al subacqueo le azioni di emergenza più corrette.
Se pensiamo a questo e condividiamo ancora l’uso dell’aria come gas da respirare nelle immersioni profonde, si deve cessare di discutere sulla prevenzione e sulla sicurezza. È semplicemente inaccettabile che si possa pianificare un’immersione nella quale è implicita l’esposizione ad elevate pressioni parziali dell’azoto. Se si desidera eseguire immersioni profonde occorre avere l’addestramento, le attrezzature e le conoscenze adeguate, altrimenti non debbono essere fatte. I tempi sono cambiati, le immersioni profonde ad aria, con il monostadio e con il cestello pieno di pietre sono documentate con pellicole in bianco e nero, non in DVD. Abbiamo affetto e ammirazione per coloro che hanno fatto la storia rischiando e cedendo talvolta la propria vita nelle immersioni profonde ad aria, ma non possiamo nutrire la stessa ammirazione verso chi lo fa oggi, nei nostri giorni, perché se lo si vuole, lo si può far meglio e con più sicurezza.
Il rovescio della medaglia
Trimix dunque per le immersione profonde, certo ma occorre addestramento, un serio addestramento che non potrà mai essere rapido.
Immergersi con il trimix comporta conoscere le caratteristiche di «movimento» dell’elio, apprendere l’importanza assoluta delle velocità di risalita, dei deep-stop, delle miscele da usare durante la decompressione, dell’analisi dei gas, considerare realmente l’ipotesi di un’emergenza, pianificare un piano di evacuazione, predisporre un piano alternativo all’inutilizzo improvviso di una bombola decompressiva e molto altro. L’immersione profonda non ha lo stesso coefficiente di rischio di un tuffo in un mare tropicale a venti metri di profondità, con la temperatura dell’acqua a 26° C e magari con nitrox!
Oltre a questo l’immersione trimix ha costi superiori. L’elio costa non poco, le stesse attrezzature richiedono un investimento iniziale, poi vi si debbono sommare i costi dei corsi di formazione, e chissà che non siano proprio questi i fattori che ostacolano l’approccio di molti appassionati alle immersioni trimix.
Tempo fa, proprio sulle pagine di Mondo Sommerso, a proposito delle emergenze subacquee ebbi modo di scrivere che i sub sono strana gente. Non ho motivo per mutare opinione, i sub sono davvero strani. Vivendo e frequentando gli amici subacquei si nota infatti che il fattore «denaro» condiziona molte scelte, e tra queste quella di scendere in profondità con l’aria. Alle osservazioni di carattere economico si potrebbe obiettare che la propria incolumità dovrebbe giustificare qualche sforzo amministrativo, come per esempio la rinuncia a qualche civettuolo bene voluttuario, anche se di moda.
E’ stupefacente ascoltare o leggere miriadi di opinioni tutte amabilmente convergenti nell’affermare solennemente che la sicurezza non deve essere considerata un optional, ma bensì un severo e accurato segmento della pianificazione subacquea, e poi, dalle stesse fonti, giungono comportamenti subacquei dove sono sconfessate sistematicamente tali dottrine adducendo giustificazioni del tipo: «Non mi hanno ricaricato le bombole perché non avevano elio, oramai siamo qui, ho fatto molti chilometri, non posso certo rinunciare all’immersione, qui non fanno ricariche trimix, di immersioni così ne ho fatte un mucchio senza problemi, non facciamo i fiscali, la prossima volta faremo meglio».
Il punto
L’immersione profonda comporta alcuni rischi. Sta al sub decidere se ridurli o amplificarli. Per ridurre o amplificare i propri canoni di sicurezza il sub ha l’obbligo intellettuale di procurarsi le conoscenze e quindi essere in grado di rispondere a questa domanda: «Qual è il migliore gas da respirare per la mia immersione profonda? » e, in ultima istanza, di non considerarsi sempre più fortunato degli altri.
Ringraziamo Andrea Neri per l’articolo fornito.
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