Danilo Rezzolla, nato a Foggia nel 1974 e residente a Milano, è un appassionato del mondo marino fin dall’infanzia. Laureato in Scienze della Produzione Animale presso la facoltà di Medicina Veterinaria di Milano, con una specializzazione sui pesci cartilaginei, ha dedicato la sua carriera allo studio e alla ricerca sugli squali.
Fondatore dell’associazione no-profit Danishark Elasmobranch Research, Danilo ha portato avanti importanti progetti di ricerca come Hammerhead Schooling Research e il Whale Shark Photo-ID. Con un’esperienza ventennale nel campo della biologia marina e oltre 2000 immersioni, Rezzolla è un membro del Gruppo Ricercatori Italiani Squali e del Mediterranean Shark Research Group, nonché un collaboratore di diverse Università italiane.
Danilo è un opinion leader per Mares, azienda che da sempre supporta programmi dedicati alla diffusione della conoscenza sugli squali e alla sensibilizzazione sull’importanza della loro conservazione.
Oggi abbiamo il piacere di intervistarlo e di poter affrontare con lui temi che ci stanno a cuore in un’intervista dedicata alla subacquea e alla sua dedizione alla tutela del mondo marino.
Intervista a Danilo Rezzolla, fondatore di Danishark e opinion leader per Mares
Danilo, quando è nata la tua passione per il mare e per gli squali in particolare? C’è un momento o un aneddoto particolare che ha influenzato la tua carriera?
Ho iniziato ad andare in mare da bambino, poi da ragazzino ho cominciato a fare apnea, per passare poi alla subacquea all’età di 18 anni. Ho sempre amato poter osservare il mondo marino e i suoi abitanti con l’ausilio di una maschera e ancor oggi è così.
La passione per gli squali è nata verso la fine degli anni 80, quando ci fu in Toscana una presunta aggressione di uno squalo bianco ad un sub: da appassionato del mondo marino, mi interessai tantissimo a quella vicenda e per capire meglio che cosa poteva essere successo, cominciai a leggere libri sugli squali, fino a quando tramutai la curiosità nell’obiettivo di miei studi universitari.
Come hai deciso di trasformare questa passione in una carriera scientifica e quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della ricerca?
Dopo anni trascorsi a leggere libri e riviste divulgative, la curiosità si è trasformata in passione e quindi ho deciso di fare degli studi universitari che mi permettessero di approfondire il mondo dei pesci cartilaginei: durante i primi anni mi sono affiancato ad altri ricercatori, italiani e stranieri, partecipando alle loro spedizioni di ricerca. Poi, nel 2003, ho deciso di lavorare autonomamente e così sono nati i progetti di ricerca Danishark.
Puoi parlarci del progetto “Hammerhead Schooling Research”? Quali sono gli obiettivi principali e le metodologie utilizzate?
Nel 2003 ho deciso di chiudere la mia esperienza con gli squali bianchi in Sud Africa e ho deciso di dedicarmi alla specie che mi aveva affascinato di più, durante gli anni in cui ho fatto la guida sub alle Maldive. Ho quindi deciso di dedicarmi allo studio delle aggregazioni dello Squalo Martello Smerlato (S. lewini), ma in una precisa area del Mar Rosso: il Sudan.
Dal 2003 ad oggi ho organizzato e diretto 32 spedizioni, tra Sudan e Centro America (Galàpagos, Malpelo, Cocos e Socorro), per studiare le Schooling di questa specie e le differenze etologiche tra le sub-popolazioni del Mar Rosso e quelle del Centro America. Il focus delle mie attività di ricerca sono le osservazioni etologiche delle Schooling e degli esemplari “Sentinella”, che in Mar Rosso sono osservabili in condizioni di profondità e corrente molto più impegnative, che altrove. Durante ogni spedizione vengono raccolte immagini e videoriprese in immersione e vengono poi utilizzate numerose altre tecniche, come le Telecamere stanziali, il Laser Measurement e il R.O.V.
L’associazione Danishark è stata fondata nel 2006. Quali sono le sue missioni principali e come si sono evolute nel tempo?
Danishark è nata per poter strutturare al meglio le attività di ricerca e per poter gestire gli sponsor. Danishark, oltre a organizzare le spedizioni di ricerca, svolge ogni anno numerose conferenze per divulgare le attività sui pesci cartilaginei e si occupa di seguire tesisti e tirocinanti universitari
Il progetto “Whale Shark Photo-ID” a Djibouti è un altro dei tuoi importanti contributi alla ricerca sugli squali. Raccontaci degli obiettivi e di come è strutturato?
Il Whale Shark Photo-ID è un progetto di ricerca nato nel 2006, con l’obiettivo di fotoidentificare esemplari di Squalo Balena (R. typus), nel Golfo di Tadjourah (Djibouti). Nel corso di 5 spedizioni abbiamo fotoidentificato e classificato oltre 70 esemplari di squalo balena, studiando le abitudini alimentari e le caratteristiche del sito di aggregazione.
Questo progetto, come quello del Sudan sugli squali martello, è stato un precursore: infatti il gruppo Danishark è stato il primo a studiare queste specie in quest’area dell’Africa: nessuno prima aveva iniziato un progetto di ricerca a Djibouti, in quanto considerato come sito pericolosa a causa dell’instabilità politica. Per 5 anni Danishark ha organizzato spedizioni a Djibouti per fotoidentificare i tanti esemplari di Squalo Balena presenti, tra novembre e gennaio, nel Golfo di Tadjourah.
Sei un esperto di squali e subacqueo: affrontiamo un tema controverso. Cosa ne pensi della pratica dello shark feeding?
Dopo oltre 30 anni di subacquea e circa 25 anni di studio su numerose specie di squali, oggi mi batto fortemente per contrastare la pratica dello “shark feeding”. Questa pratica, se da un lato permette ad un subacqueo di osservare agevolmente e da vicino gli squali, dall’altro ha insite due evidenti negatività.
In primis, il danno che si produce sul singolo animale, in quanto gli squali, se sovralimentati, patiscono evidenti disfunzioni epatiche. Siccome sono gli esemplari dominanti, quelli che maggiormente si alimentano durante le attività di “shark feeding”, questi sono soggetti a patologie molto evidenti.
Altro problema è il minor impatto predatorio che questi esemplari hanno sul loro areale di caccia. Sappiamo infatti che gli squali (soprattutto i predatori opportunisti), svolgono un ruolo di equilibrio sul loro areale, cibandosi di animali anziani o con patologie.
La sovralimentazione (rispetto ai ritmi dettati dalla natura), diminuisce la loro azione equilibratrice sull’ambiente marino. Purtroppo, si sentono spesso giustificazioni varie a questa pratica, ma chi studia gli squali e ne conosce la biologia e la fisiologia, non può che essere contrario allo “shark feeding”.
Puoi condividere con noi qualche dettaglio sulle spedizioni di ricerca che organizzi annualmente? Quali sono le difficoltà principali che incontri durante queste spedizioni?
Danishark opera solo in siti ove l’impatto turistico è pressochè assente: ciò permette di fare studi etologici in aree ove gli animali non sono condizionati dalla presenza dell’uomo. Questa però risulta essere anche una problematica, in quanto l’organizzazione delle spedizioni è complessa ed articolata.
Ogni spedizione, quasi sempre a bordo di imbarcazioni specializzate in crociere subacquee, viene organizzata circa un anno prima, e vengono coinvolti subacquei appassionati e giovani universitari che desiderano immergersi con gli squali, insegando loro le tecniche per osservarli in maniera naturale.
Ogni giorno vengono effettuate da 3 a 4 immersioni, dirette da me e dallo staff Danishark, durante le quali vengono svolte numerose attività di studio: a bordo invece avviene l’analisi e la catalogazione dei dati ed ogni sera vi sono incontri didattici che culminano in un Corso sui Pesci Cartilaginei.
Domanda tecnica, abbiamo visto che avete implementato l’utilizzo di ROV subacquei, spiegaci in che modo vengono impiegati.
Dal 2021 Danishark ha acquistato un ROV, che permette di fare videoriprese fino a 100 metri di profondità, di giorno e di notte, implementando la raccolta dei dati sui pesci cartilaginei. Si tratta di uno strumento che si affianca alle tradizionali immersioni, ma che garantisce una complementare possibilità di osservazione
Quali sono i tuoi progetti futuri per Danishark e per la tua ricerca sugli squali? Ci sono nuove aree di studio o specie su cui ti concentrerai?
Generalmente un progetto di ricerca prevede molti anni e molte spedizioni mirate ad una determinata specie: in particolare, lo studio delle aggregazioni di S. lewini, risulta essere molto complesso, perché l’osservazione di questi animali avviene solo in particolari condizioni di profondità e corrente.
Questo è il motivo per il quale, solo per il progetto sugli squali martello, ad oggi sono state svolte ben 32 spedizioni. Per il 2024 è prevista un’ultima spedizione, che si terrà a ottobre in Giappone, precisamente nell’isola di Mikomoto, dove sembra esserci un’elevata concentrazione di S. lewini. Per il 2025, stiamo lavorando su due spedizioni, entrambe dedicate al progetto Hammerhead Schooling Research
Sei opinion leader per Mares, raccontaci come è nato il rapporto con l’azienda e in che modo Mares supporta i tuoi progetti?
Da subacqueo, Mares è stato sempre un punto di riferimento tecnico per me: le strade di Danishark e di Mares si sono incrociate una decina di anni fa, grazie all’interessamento di un caro amico (Sergio Corti di AquaSport Lecco), che mi ha messo in contatto con l’ufficio Marketing di Mares.
Negli ultimi anni la partnership tra Danishark e Mares si è ulteriormente rafforzata, grazie anche alla disponibilità di Elisa Mantuano, che ha permesso a Danishark di essere presente allo stand Mares dell’ultima fiera EUDI e di realizzare numerosi incontri didattico divulgativi.
Lo staff Danishark, durante le spedizioni, ha la possibilità di provare i prodotti Mares in particolari condizioni ambientali e di stress tecnico: la sinergia quindi tra Mares e Danishark è forte e a legare ulteriormente questi tue realtà c’è anche la volontà di proteggere gli squali e gli ambienti da essi popolati.