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Home Articoli Immersioni subacquea a Pianosa: quando tutto va storto….
immersioni pianosa isola elba cernia

Immersioni subacquea a Pianosa: quando tutto va storto….

26/02/2025

Racconto di un’esperienza indimenticabile all’Isola d’Elba nonostante qualche difficoltà con l’attrezzatura.

Vi è mai capitato che dopo tanti preparativi, al primo giorno di vacanza, pronti per le immersioni tanto desiderate e sognate per tutto l’inverno, si susseguano “sfortune” una dietro l’altra? Poi però…

Tornare all’isola d’Elba, a Procchio, al Diving in Elba, per me è come tornare a casa, rivedere lo staff al completo che ti accoglie come se fossero lì ad aspettarti da un anno, conoscere nuovi amici e condividere la propria passione con altri subacquei, non ha prezzo.

gruppo subacqueo isola elba
Contenuti dell'articolo nascondi
Preparativi e primi contrattempi
Problemi tecnici e soluzioni rapide
Partenza per Pianosa e briefing dettagliato
Prima immersione: la famosa boa SP3
Incontri ravvicinati con la fauna marina
Secondo tuffo e nuova meraviglia subacquea
La bellezza di Pianosa supera ogni contrattempo

Preparativi e primi contrattempi

Quest’anno ho programmato la mia vacanza estiva a fine agosto, caricare l’auto è stato come giocare a tetris, bagagli per 4 persone (di cui 3 donne!!!), la mia attrezzatura subacquea di cui, purtroppo, ho dovuto lasciare a casa alcune cose perché, nonostante il baule dell’auto sia molto capiente e il box sul tetto, proprio non ci stavano. Peccato!!! Contatto Riccardo Buralli, del Diving in Elba, il quale mi informa che già il giorno successivo è in programma un’uscita a Pianosa con doppio tuffo, non potevo sperare di meglio. La mia vacanza subacquea sembra iniziare con il botto. All’ora di pranzo eravamo già a Procchio a gustarci una focaccia in spiaggia, nel tardo pomeriggio, carico di entusiasmo, mi reco al diving per sistemare l’attrezzatura e preparare il mio rEvo, sì, quello fortunatamente son riuscito a caricarlo.

Ancora sommersa coperta di alghe nei fondali di Pianosa, con la catena che si estende verso la superficie.

Problemi tecnici e soluzioni rapide

L’accoglienza al diving è calorosa, hanno allestito uno spazio tutto per me, dove posso mettere a punto il mio rebreather e lasciarlo al sicuro. Mi metto subito all’opera, checklist alla mano per seguire passo passo i vari controlli di montaggio, tutto procede per il meglio, sono all’ultima verifica, la prova di tenuta del vuoto, aspiro tutta l’aria dal circuito e controllo che il corrugato resti immobile…, con gli occhi fissi al loop mi accorgo che piano piano si abbassa. Non ci voleva, c’è una perdita!!! Riapro tutto controllo e ingrasso gli OR, pulisco le sedi, rimonto e riprovo…perde ancora, chiamo il mio mentore Yme Carsana, per chiedere consiglio, eseguo alcune sue “dritte”, riprovo…niente da fare!!! E adesso? Rinuncio all’uscita di domani a Pianosa? MAI!!! Si va in circuito aperto, l’appuntamento è per il giorno dopo alle 7:00.

Banco di barracuda in formazione a spirale con un subacqueo sullo sfondo nei fondali di Pianosa.
Un ampio banco di barracuda nuota in formazione circolare nelle acque limpide di Pianosa.

Partenza per Pianosa e briefing dettagliato

Puntualissimo la mattina seguente, dopo una notte passata a pensare a come fare per sistemare il rebreather, mi reco al diving, tiro fuori la mia semistagna, che non uso da un anno, provo a indossarla e…si rompe la cerniera!!! Non è possibile, capitano tutte a me!!! Non mi arrendo chiedo una muta al diving, nella sede di Procchio non c’è la mia misura, mi arriva direttamente da Portoferraio e la trovo in barca. Finalmente si parte direzione Pianosa. Nel tragitto di andata la nostra guida del Diving in Elba, Sergio Sardo, ci fa un dettagliatissimo briefing in cui ci parla non solo dell’immersione ma della storia dell’isola di Pianosa, è molto preparato e vengo a conoscenza di particolari molto interessanti, dai primi insediamenti alla costruzione del carcere, allo sviluppo del turismo. L’isola è stata aperta alle immersioni da una decina di anni, sono state posizionate delle boe, alle quali possono attraccare solo i diving autorizzati, dopo prenotazioni obbligatorie e segnalazioni alla Capitaneria di Porto, con regole molto rigide che vanno scrupolosamente rispettate. Ci si può immergere da marzo ad ottobre e, alla fine della stagione, biologi e studiosi verificano l’impatto dei subacquei sui fondali dell’isola. In questi anni, nonostante le numerose immersioni effettuate, non si sono verificati danni all’habitat sottomarino e sono stati decisi nuovi posizionamenti di boe.

Primo piano di una cernia mediterranea nei fondali dell'Isola di Pianosa, con dettagli delle sue squame e pinne.

Prima immersione: la famosa boa SP3

La nostra prima immersione della giornata è alla boa 3 (SP3), considerata la più bella, ricca di pesce, grosse cernie sornione che si lasciano ammirare da vicino, banchi di barracuda, dentici di grosse dimensioni in caccia, corvine, aquile di mare e da un po’ di tempo si possono vedere anche dei pesci pappagallo. Che ha reso famosa questa immersione è anche l’incontro con una cernia soprannominata “Moana” per i suoi comportamenti sfacciati, si avvicina ai subacquei fino a strusciarsi e lasciarsi toccare, cosa ovviamente da non fare per via della mucosa che ricopre il suo corpo e che potrebbe procurargli infezioni da parassiti se dovesse essere rimossa. Arrivati sul punto scendiamo in acqua e ci portiamo a prua, una fastidiosa corrente di superficie ci obbliga a tenerci dalla cima intanto che aspettiamo che si compatti il gruppo e, quando siamo tutti pronti, sgonfiamo i GAV e scendiamo lungo la catena, la quale è fissata ad un ancora gigantesca, utilizzata qui come negli altri punti di immersione dell’isola, come corpo morto per fissare le boe.

Una cernia nascosta tra gli scogli ricoperti di alghe, con un subacqueo visibile sullo sfondo.

Incontri ravvicinati con la fauna marina

Accendo i flash, sistemo i braccetti, accendo la fotocamera, una Nikon D750 con zoom Nikkor 8-15, in custodia Isotta, è tutto pronto. Ci portiamo sul lato Sud della secca e iniziamo il nostro tragitto seguendo la parete e tenendola alla nostra sinistra, subito nel blu un grosso banco di barracuda, Sphyraena sphyraena, che forma la caratteristica “palla”, nuotiamo in mezzo a loro e ne veniamo avvolti, sono veramente numerosi. Proseguendo il nostro percorso incontriamo diverse cernie, Epinephelus marginatus, abituate ormai ai subacquei si lasciano avvicinare e fotografare come dive. Arriviamo da Moana, sembra aspettarci, è una vera star, si mette di profilo, si specchia nell’oblò della custodia, si allontana un po’, poi ritorna, è proprio affascinante. Gli occhi puntati verso il blu, sperando di avvistare le aquile di mare che in questo sito sono una presenza costante, intanto sfrecciano davanti a noi dentici e ricciole, è un vero paradiso!

Secondo tuffo e nuova meraviglia subacquea

Terminato il nostro tragitto di andata, ruotiamo di 180 gradi e ritorniamo verso il gommone, ancora cernie, barracuda, dentici… Vengo attirato da un pesce coloratissimo, mi avvicino e vedo un pesce pappagallo mediterraneo femmina, Sparisoma cretese, chiamato anche Scaro, la livrea della femmina è molto appariscente, di un rosso vivo con chiazze gialle sul capo e sul peduncolo caudale. Terminiamo l’immersione sotto il gommone con la sosta di sicurezza di 3 minuti. Saliti sul gommone sostituiamo subito le bombole, aiutati dallo staff e ci spostiamo sulla boa successiva, per noi oggi è la SP2, proprio di fronte al paese di Pianosa. Sosta di un’oretta gustando focacce, qualche dolcetto, scambiando ovviamente pareri su quanto visto in acqua e ascoltando il briefing per il secondo tuffo. Anche questo sito è molto caratteristico, una serie di scogli che svettano sopra una prateria di posidonia e una bella parete, sempre tante cernie, corvine, dentici e qualche barracuda. A fine immersione ci troviamo su un pianoro di roccia, dove si apre una stretta spaccatura, nella quale ci infiliamo uno per volta, per ritrovarci in una spaziosa camera dove la luce che penetra dalle fessure crea degli scenari molto suggestivi.

Un pesce pappagallo mediterraneo dai colori vivaci nuota tra la posidonia nei fondali di Pianosa.

La bellezza di Pianosa supera ogni contrattempo

Mi ero quasi dimenticato delle mie disavventure con l’attrezzatura ma, dato che la “sfortuna” ci vede molto bene ecco il terzo problema, dopo la perdita nel circuito del rEvo, la rottura della cerniera della muta, mi si blocca la macchina fotografica e non riesco più a scattare una foto!!! All’interno della grotta con quei meravigliosi raggi di luce!!!!! Che dire quando tutto sembra andare storto… Meno male che c’è Pianosa che risolve tutto o quasi…..

Foto di ©Giuseppe Pastoressa

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TAGBarracuda cernie Isola d'Elba mediterraneo
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Giuseppe Pastoressa
Giuseppe Pastoressa

Nato a Lauria (PZ) il 09/06/1964, a soli una ventina di km dal mare, dove ha vissuto fino a vent’anni, trascorrendo le estati tra Maratea, Praia a Mare e Marina di Camerota, posti incantevoli che lo hanno fatto innamorare del mare. Trasferitosi a Brescia per lavoro nel 1984 ha cominciato a frequentare i primi corsi subacquei di apnea, per passare poi ai corsi ARA con il Sub Club di Brescia, storica scuola FIPSAS bresciana. Si è appassionato alla fotosub, acquistando una custodia Nimar per reflex Nikon, poi ad una Nikonos V, e successivamente ad una custodia Igloo della Underwave per Nikon F90 e, con il passaggio al digitale, ad una custodia Isotta per Nikon D300s. Attualmente utilizza una Nikon D750, scafandrata Isotta con 2 flash Sea&Sea YS-D3. Nel 2004 ha iniziato a seguire le immersioni tecniche con Andrea Ghisotti, “Guru” di subacquea e fotografia, negli ultimi anni è passato al circuito chiuso, utilizzando un rebreather rEvo. Ha la fortuna di abitare ad una ventina di minuti dal lago di Garda e questo gli permette di immergersi tutto l’anno, scoprendo e apprezzando la biologia lacustre e la morfologia dei suoi fondali. Ama trasmettere la sua passione per la subacquea e per le immersioni nel lago, pubblicando foto e racconti delle emozioni vissute in compagnia di amici appassionati come me.

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