Cinque anni (5 anni? Eh sì, il tempo vola) sono passati da quando uno spaventoso terremoto con annesso tsunami devastò le coste Giapponesi danneggiando anche molto seriamente la centrale nucleare di Fukushima, e provocando la fuga di materiale radioattivo. Un articolo scientifico uscito sul numero di ottobre della rivista Integrated Environmental Assessment and Management prova a fare il punto della situazione attuale.
“L’esposizione a materiale radioattivo” secondo l’autore “non ha permesso di evidenziare effetti acuti a livello di popolazione tra gli organismi marini. Si sono trovati, è vero, livelli alti di radioattività in alcuni individui di pesci, ma le popolazioni nel loro insieme hanno assorbito bene il fallout”.
“Tra i pesci quelli che vivono sul fondo, e che hanno meno capacità di spostarsi, sono quelli che hanno i livelli più alti di radioattività. Ulteriori ricerche serviranno per capire quanto materiale radioattivo è stato coperto dal sedimento, e quanto deve ancora raggiungere il mare, ad esempio per la contaminazione della falda acquifera”.
“Comunque in tutto ciò ci sono aspetti positivi: ad esempio da quando mangio un filetto di sogliola al giorno riesco a leggere a letto senza accendere l’abat-jour”.
NdA: L’ultimo capoverso l’ho inventato io di sana pianta e inserito per sdrammatizzare. Il resto è tutto vero, compreso il tono drammaticamente rassicurante delle affermazioni. E per chiudere alla Catalano: “Meglio stare a bersi un cocktail su una spiaggia tropicale tranquilli e sereni che vivere su una costa esposta al fallout radioattivo”.
Il disegno è di Francesca Scoccia