Qualche giorno fa un articolo sulla Deep Stop ha richiamato la nostra attenzione.
Deep stop: la sosta profonda è defunta?
L’articolo firmato dal prof. Pasquale Longobardi, e pubblicato sul sito della Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica, porta una riflessione su quanto l’autore ha presentato ad un convegno a Colico (Lecco) il 19 Novembre 2016 (link).
A dimostrazione del fatto che non vadano mai giudicati gli articoli dal titolo un’attenta lettura è opportuna. Il prof. Pasquale Longobardi apre l’articolo per non lasciare dubbi.
“Innanzitutto un chiarimento sulla terminologia di “deep stop”. Io traduco in italiano “stop” con “tappa” se questa è prevista dal software, dal computer o dalla decompressione mnemonica (la tappa, così intesa, deve essere certamente effettuata). Traduco con “sosta” se essa fosse arbitrariamente aggiunta a quanto previsto dal metodo di calcolo della decompressione scelto (ritengo la sosta, così intesa, spesso inutile se non dannosa).”
Con le procedure non si scherza e anche in questo caso il ‘fai da te’ è molto pericoloso.
Abbiamo chiesto il parere del Prof. Alessandro Marroni che con Dan Europe ha raccolto migliaia di dati e che, con molta disponibilità, ci ha risposto come segue.
“Sono d’accordo con Pasquale perché il messaggio è non inserire deep stop “arbitrarie”, ma solo quelle calcolate dall’algoritmo, che è esattamente quanto facciamo noi ed abbiamo fatto noi ed è stato introdotto negli algoritmi più conservativi presenti ora in quasi tutti i computer subacquei, dai modelli che utilizzano RGBM impostato a livelli elevati di conservativismo, a quelli che utilizzano il modello Buhlmann impostato con la correzione PDIS.”
Il prof. Marroni ci fa inoltre notare che “lo stesso Bruce Wienke mi ha recentemente confermato le sue precedenti opinioni sugli studi DAN che avevano portato ad un inserimento calcolato di tappe, tanto da implementarlo nel modello RGBM. Anche le tappe “level Stop” e la modalità PDIS, per i modelli Buhlmann, sono il prodotto di studi sul campo, fra cui molti derivati da dati DAN.
Però c’è anche da dire, e le nostre analisi del Data Base lo dimostrano, che i modelli cui si riferiscono gli attuali computer, tranne alcuni in cui sono state implementate misure di conservativismo come quelle sopra indicate, non hanno grande sensibilità nei confronti della prevenzione della MDD, tant’è che solo il 10% di 327 incidenti decompressivi “veri” da noi registrati erano stati calcolati come “incidente” dal modello adottato, che, i dati dimostrano, non aveva la corretta sensibilità per i compartimenti a medio tempo di emisaturazione, che sono quelli maggiormente coinvolti nell’immersione ricreativa.
Da questa analisi sta derivando un modello, al momento validato con circa 40.000 immersioni, che stiamo ancora testando fino a raggiungere un numero di immersioni statisticamente significativo dal punto di vista epidemiologico. Si noti che molti degli algoritmi attualmente in uso sono stati ” validati” con poche migliaia di immersioni (anche solo due-tremila)”
Ci dobbiamo aspettare un nuovo algoritmo per le decompressioni?
Non lo sappiamo, potrebbe essere, ma in attesa continueremo ad attenerci alle procedure testate e ufficiali.
Caro Marco, grazie per l’attenzione e complimenti per l’articolo.
Dopo la relazione al convegno in Colico e la pubblicazione dell’articolo in molti avevano chiesto quale fosse il parere del DAN. Avevo pubblicato, nella pagina Facebook di It_Hobby_Scuba (gruppo chiuso), una raccolta di pareri sull’argomento rilasciata dai massimi esperti in un forum DAN. Tu hai reso pubblico a tutti il parere sia di Alessandro Marroni che il mio.
Per chi desiderasse leggere il testo completo, il link è http://www.simsi.it/2016/11/24/deep-stop-la-sosta-profonda-defunta/
Un caro saluto, Pasquale Longobardi