A proposito della check dive prima delle immersioni subacquee…
Francis lavorava come istruttore in un diving center in Polinesia. Un giorno prelevò dall’hotel una coppia che aveva prenotato un’immersione in una pass, un sito arcinoto per le correnti forti e gli avvistamenti di squali. Come abitudine con i nuovi clienti, tornando verso il diving center Francis fece domande sulle loro esperienze come subacquei, e notò che, sebbene entrambi avessero qualche decina di immersioni registrate, la moglie sembrava tranquilla e rilassata mentre il marito non appariva molto sicuro di sé. Francis prese nota mentalmente di stare vicino a lui per tenerlo d’occhio, specialmente nell’immersione in corrente. Anzi, li consigliò di immergersi prima in un altro sito, anche se sapeva già che avrebbero insistito per essere accompagnati subito alla famosa pass.
In barca Francis notò che entrambi avevano indossato troppa zavorra rispetto alle loro corporature e attrezzature, ma volle tacere e concedere loro il beneficio del dubbio. Come volevasi dimostrare, una volta in acqua, spinti dalla corrente, vide che entrambi gonfiavano i loro GAV per compensare il peso eccessivo, assumendo una posizione verticale. Annotò mentalmente che doveva raccomandare a entrambi durante l’intervallo di superficie di indossare meno piombi per la seconda immersione.
Marcando stretto il marito, come da programma, Francis era in posizione ottimale per intervenire, quando improvvisamente la cintura dei piombi, indossata male, si aprì, gli scivolò lungo le gambe, sostò brevemente sulle pinne per poi sprofondare verso l’abisso. Il marito cominciò immediatamente a pallonare, trascinato dall’espansione dell’aria nel GAV. Francis riuscì appena ad afferrarlo per le gambe e dovette seguire la risalita veloce, cercando disperatamente di rallentarlo, espirando. Il sub arrivò in superficie privo di sensi. Il divemaster, che stava bene, richiamò la barca, aiutò l’equipaggio a issare il sub svenuto, poi si guardò intorno. Sollievo, la moglie era riemersa anche lei! Una volta che tutti furono in barca, chiamò un’ambulanza dando appuntamento al molo, e attivò tutte le misure di primo soccorso possibili. Il sub incidentato respirava, fu trattato con ossigeno a bordo.
Eroe?
Il ferito fu ricoverato in ospedale e poi evacuato dall’isola. Si seppe poi che aveva recuperato completamente. La moglie partì con lui, ma prima volle ringraziare Francis in modo anche, per lui, imbarazzante, dicendogli in pubblico che era stato un eroe.
Francis non si sentiva un eroe. Dal momento dell’incidente si era rimproverato molte cose. Lui sapeva quanto vicino era stato ad avere un sub affidato alle sue cure che perdeva la vita in immersione, che aveva rischiato di finire la sua carriera, e, peggio, di avere lui stesso un incidente grave. Era consapevole di aver preso la decisione di portare i subacquei alla pass sapendo che almeno uno di loro poteva non essere preparato per le difficoltà dell’immersione. Aveva anche evitato di intervenire quando si era accorto che avevano peso in eccesso.
Adesso la polizia aveva interrogato lui e il diving center, l’agenzia didattica gli aveva chiesto un rapporto sull’incidente, la storia era finita sui giornali e gli operatori rivali avevano alimentato ogni sorta di pettegolezzo. No, non si sentiva per niente un eroe.
Il subacqueo non aveva riportato danni permanenti, e adesso aveva una storia in più da raccontare agli amici. Ma per Francis e per il suo diving center l’impatto negativo dell’incidente sarebbe durato ancora a lungo. La loro reputazione aveva subito un danno, a livello locale, internazionale e con l’agenzia didattica. La storia sarebbe uscita ancora a lungo nelle ricerche on line per immersioni in Polinesia, con effetti negativi non solo per la loro attività ma per il turismo subacqueo in tutta la regione. I subacquei possono scegliere in tutto il mondo quando programmano la loro prossima vacanza, e non ci vuole molto per convincerli a scegliere un altra località.
Come avrebbero potuto Francis e il suo diving proteggersi e soprattutto fare in modo che il fatto non si ripetesse?
Check dive o no?
Il dilemma che si era posto a Francis quella mattina era molto comune. Ogni giorno operatori diving di tutto i mondo accompagnano a immergersi clienti, nella maggior parte dei casi sconosciuti, gente che non hanno mai visto prima.
Per giudicare le capacità di un sub che si presenta a prenotare un’immersione, l’operatore ha a disposizione le parole del sub, un brevetto, un logbook (non sempre) e la propria intuizione. Tutte cose che aiutano, ma rimane la più importante, solo vedere il sub in acqua permette di valutarlo sul campo.
È normale per i subacquei sportivi avere dei lunghi intervalli tra le immersioni, arrugginirsi, perdere familiarità. Molti sono consapevoli di questo, e sono contenti di fare una check dive il primo giorno, in un sito facile, per poter riprendere familiarità. Ma alcuni operatori richiedono la dimostrazione di qualche abilità, pochi esercizi che possono rivelare nel subacqueo delle falle in certe aree, il bisogno di recuperare facendo pratica con un istruttore o un divemaster in condizioni controllate prima di tornare in acque libere.
Quando il subacqueo comprende i benefici della check dive, tutto funziona meglio: fa la sua immersione, si diverte e recupera in condizioni tranquille consuetudini perse. Allo stesso tempo i professionisti hanno modo di valutare la reale abilità del sub, di correggere difetti minori e di essere sicuri che abbia sufficienti capacità per affrontare le immersioni successive. Questo non mette del tutto al riparo da possibili incidenti, ma ne riduce di molto le probabilità.
Resistenze alla check dive
Ci sono sub che si oppongono in modo risoluto alla check dive, che la vivono come un’offesa personale e come una perdita di tempo e denaro. Se diamo un occhiata ai forum su internet, vediamo che molti scelgono attivamente i diving center che non richiedono check dive, con commenti che spaziano da “non ho bisogno di dimostrare le mie capacità a nessuno” a “che rottura!”.
Richiedere con insistenza l’esecuzione di esercizi può portare a conflitti, in particolare con i sub che cercano di nascondere difetti nella preparazione e che non vogliono essere scoperti. Ad esempio, capita spesso che un sub sia convinto di non saper svuotare la propria maschera senza andare in panico, e questo sceglierà diving center che non richiedono la check dive, per evitare di farsi scoprire.
Un operatore non può basarsi solo sui clienti che chiedono volontariamente di avere una check dive, né può credere a chiunque dichiari di essere esperto e di non averne bisogno. Questo non perché i sub siano bugiardi: magari semplicemente non sono in grado di valutare obbiettivamente le proprie capacità.
Comunque, siccome sanno che imporre la check dive può portare alla perdita del cliente, molti diving center, come quello in cui lavora Francis, scelgono di non chiederla. Scelgono di rischiare conoscendo le conseguenze. La concorrenza tra diving center è dura, nessuno vuol vedere il possibile cliente uscire dal suo ufficio per andare a spendere soldi dal suo competitore.
È vero, esistono subacquei che si tengono in allenamento, o che sono ormai così esperti da eseguire le abilità richieste dall’immersione in modo istintivo e automatico, come camminare. Ma sono pochi. E la maggior parte di loro non avrebbe nessuna obiezione a sottoporsi a una check dive. Non li sfiorerebbe nemmeno l’idea che sia umiliante, semplicemente si godrebbero l’immersione.
Le mie raccomandazioni finali sulla check dive
- Non scegliete mai il diving center dove andare in base al fatto che non richiedano una check dive, anzi:
- Tutte le volte che vi immergete con un nuovo diving center, fategli la cortesia di sottoporvi a una check dive, anche richiedendola.
- Se siete stati fuori dall’acqua per un paio di mesi, fate sempre una check dive come prima uscita in mare.
- Se avete timore che la check dive riveli dei difetti nella vostra preparazione di subacquei, di cui siete consapevoli, provate gli esercizi che sapete che non vi riescono bene con un istruttore prima di andare in acqua ancora.
Articolo di Simon Pridmore, Traduzione di Massimo Boyer, foto di Marco Daturi
un male necessario!anzi a mio giudizio dovrebbe essere inserita come prassi ovunque,a garanzia dei gestori diving e una tutela aggiunta ai sub
Sono un istruttore subacqueo e trovo più che legittimo il check che qualunque guida dovrebbe pretendere nel portare sconosciuti in acqua sotto la propria responsabilità..
Quello che mi infastidisce un po di più è che questi check siano fatti pagare quanto un immersione vera e propria.. ( li ho pagati anche più di 50 $ )
Come dicevo prima mi sta benissimo che tu mi voglia far fare tutti gli esercizi e le prove che vuoi ma visto che questo serve a te per stare tranquillo potresti farmi pagare solo la ricarica della bombola..
In estate mi capita spesso di fare viaggi itineranti dove mi fermo 1/2 giorni in un posto per poi proseguire e ogni volta che mi avvicino ad un nuovo diving la musica si ripete o ancora peggio ti fai un check di mezzora a 10 mt. per poi fare la seconda magari a 35mt.
La check dive nel caso ci si trattenga in un diving per più di un’immersione la ritengo utile per tutti, principalmente per chi ha il compito di guidarci in acqua ma anche per capire chi è che ci sta portando in acqua. Il problema come dice Blueshark70 è quando io vado in un diving per una singola immersione e magari non sono cliente abituale. In quel caso credo che come fai fai, sempre qualcuno sarà scontento.
Perchè, il mio tempo che sto a guardarti mentre mi assicuro che tu sia un minimo competente, è gratis?
Ti faccio pagare solo la ricarica della bombola se te la fai da solo….