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Home Viaggi Europa Pico, Azzorre: isole nella corrente

Pico, Azzorre: isole nella corrente

11/01/2016

Le Isole Azzorre sono una delle destinazioni a maggiore biodiversità nel mondo.

Sebbene le principali attività turistiche marine siano il whale ed il dolphin watching, negli anni più recenti queste nove isole sono diventate una destinazione di prim’ordine anche per noi subacquei, attratti sia dalla presenza di grandi mammiferi marini e grandi pelagici, sia dall’ineguagliabile tonalità turchese dell’acqua e dalla visibilità.

Grampus griseus,

Grampus griseus,

Situate nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, quasi a metà strada tra gli Stati Uniti e l’Europa, le isole Azzorre sono una piccola oasi nel mezzo di un deserto blu per molte specie marine che ogni anno si avventurano nelle migrazioni atlantiche. Sorgono nel punto di incontro fra le correnti fredde e ricche di nutrienti che discendono da nord ed una ramificazione delle acque calde della Corrente del Golfo in arrivo da sud-ovest : l’effetto di risalita delle acque profonde contro l’unico ammasso terrestre situato tra i due continenti crea ogni anno un’esplosione di vita. Il ciclo annuale inizia con la fioritura primaverile delle alghe microscopiche : quando l’acqua inizia a diventare più calda, essa si tinge di un caldo colore verdastro. E’ una concentrazione delle più piccole creature dell’oceano : una frenesia di minuscoli organismi che costituiscono lo zooplancton e che si nutrono delle alghe, i quali a loro volta ed in breve tempo diventeranno il nutrimento base per i giganti vagabondi che attraversano l’oceano. I grandi cetacei non sanno resistere ad un appetitoso richiamo alimentare : arrivano balene blu, balenottere, balene di Bryde, e si fermano in queste acque ricche di nutrienti per accumulare le energie necessarie a completare la migrazione verso nord, verso le fredde acque artiche. Le grandi balene condivideranno lo spazio acqueo con i capodogli, i cetacei residenti alle Azzorre, i quali cacciano i calamari giganti nelle acque profonde che circondano l’arcipelago.

Caretta caretta,

Caretta caretta,

All’ arrivo dei primi giorni d’estate, l’acqua diventa più chiara di giorno in giorno, poiché si modifica la catena alimentare: il microscopico plancton lascia il posto alle famose bait ball (le aggregazioni di pesci foraggio che freneticamente si addensano per cercare di evitare le fameliche fauci dei predatori) che richiamano una moltitudine di pesci. Quando iniziano a soffiare le brezze estive, arrivano anche le specie più tropicali, come le stenelle atlantiche, le tartarughe caretta caretta, le mobule, gli squali balena e, infine, anche i grandi banchi di pesci.

view of the coast and sea, Pico Island, Azores, Portugal, Atlantic Ocean

L’arcipelago delle Azzorre si estende per 500 km ed è costituito da nove isole, le più isolate dell’Atlantico settentrionale. E’ possibile immergersi in ognuna delle isole, che offrono realtà subacquee molto diversificate : immersioni dalla riva, in grotta, su relitti, ed anche su pinnacoli e panettoni off-shore noti per essere il territorio di aggregazione di decine di mobule e dei banchi di pesci. L’origine vulcanica delle Azzorre si palesa anche sott’acqua. I vulcani sono la testimonianza della natura dinamica della Terra e pertanto condizionano anche la morfologia dei fondali. Alcuni appaiono come distese sottomarine di detriti e rocce, di forma arrotondata grazie all’azione erosiva delle onde. La friabile roccia, stratificatasi in seguito ad eruzioni consecutive sui fianchi dei coni emersi, si è sgretolata ed ha causato frane e smottamenti, rovinati violentemente nell’oceano, in seguito all’azione erosiva del vento e corrosiva dell’acqua piovana, unitamente a vibrazioni della superficie terrestre, disseminando così il fondale di rocce ed anfratti. Data questa origine, la morfologia sommersa è quanto di più diversificato possa esistere poiché la roccia basaltica assume forme ed architetture impressionanti : grandi archi e tunnel passanti originatisi dalla solidificazione della lava incandescente che è fluita nel mare e si è raffreddata al contatto con l’acqua ; vaste grotte composte da numerose camere interconnesse da ampi tunnel.

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Anche gli animali che possiamo incontrare in immersione sembrano selezionarsi e raggrupparsi per specie, ed in tal modo contraddistinguono le varie realtà: squali blu vicino ad un’isola e squali balena in un’altra; un relitto della seconda guerra mondiale vicino ad un’isola e relitti del  15° e 16° secolo vicino ad un’altra. Solamente le immersioni che si svolgono sottocosta sono simili ovunque. Un po’ ovunque possiamo osservare grandi cernie brune, curiosi pesci balestra, una discreta varietà di nudibranchi, murene e polpi che si attardano fra le rocce. I caratteristici labridi rosati stazionano oltre i 20 metri di profondità, in compagnia di ramificazioni di corallo nero (Antipathes wollastoni) sorprendentemente numerose e ben sviluppate in acque così superficiali. Durante le immersioni da riva è abbastanza raro, ma non impossibile, imbattersi anche in banchi di carangidi, barracuda, bonito, qualche mobula o un pesce luna… questi esemplari sono di casa nei pinnacoli off-shore, territori di grandi diversità faunistica ed arene di interessanti frenesie alimentari.

Mobula tarapacana

Mobula tarapacana

Le isole più frequentate sono quelle del gruppo centrale e particolarmente l’isola di Pico e quella di Faial, che distano solamente 4 miglia. Faial è altresì conosciuta per la marina, rinomato luogo di incontro per i marinai che si cimentano nelle traversate dell’Atlantico; vi si respira un’aria molto internazionale, con le vele multicolori che si addensano nella baia. Pico invece è inconfondibile, con quel picco vulcanico che si erge al centro dell’isola sino a 2350 metri di altezza, la cui cima è perennemente nascosta dalla foschia o dalla classica nuvoletta bianca. Ed è altresì la base per raggiungere uno dei più interessanti siti di immersione delle Azzorre, l’indimenticabile Princesa Alice, un vulcano sommerso che dista circa 45 miglia nautiche dalla costa. Il banco sorge da una profondità di circa 500 m sino a 35 metri dalla superficie, ed è considerato uno dei migliori punti di immersione dell’Atlantico grazie all’enorme biodiversità ed alla ricchezza di pesce. Date le sue caratteristiche geografiche, le immersioni sono del tutto imprevedibili. Una delle principali attrazioni sono i gruppi di mobule ed i banchi di pesci, fra cui carangidi, barracuda e bonito. Tante prede richiamano veloci predatori, vale a dire squali : soprattutto gli eleganti squali blu ed i veloci squali mako; raramente sono stati visti anche gli squali tigre, oppure i timidi pesci luna atlantici e le tartarughe caretta caretta. Ci tuffiamo in acqua e raggiungiamo la cima dell’ancora, nuotando contro una discreta corrente. La corrente si affievolisce man mano che scendiamo lungo la cima, e dopo i primi metri è pressoché nulla. A circa 20 metri di profondità iniziamo a scorgere la sommità del pinnacolo. Sembra di essere affacciati da un balcone ad osservare il mondo sottostante : attorno al pinnacolo nuota un grande banco di carangidi, mentre fra le rocce spuntano le antenne delle aragoste ed i corpi flessuosi delle murene. Ma lo spettacolo migliore si sta svolgendo sopra le nostre teste, in superficie. Nei primi dieci metri d’acqua, incurante della corrente o forse proprio per questo, c’è un banco di alcune mobule che volteggiano aggraziate : è una esibizione che lascia senza parole. Le mobule nuotano a bassa profondità, vicino alla cima dell’ancora e quindi vicino ai sub ed alle bolle espirate. Sembra che abbiano una predilezione per l’acqua satura di minuscole bollicine di aria, che riflette la luce e crea un effetto ottico lattiginoso. Si allontanano e poi si riavvicinano in una formazione che ricorda una squadriglia di aerei da combattimento : un incontro frequente qui alle Azzorre ma davvero raro nelle altre acquee europee.

Prionace glauca

Prionace glauca

Durante i mesi estivi, la presenza degli squali blu è certa. Per favorire l’incontro con i subacquei, una significativa dose di pastura viene sapientemente sminuzzata nell’acqua con lo scopo di  richiamare i selacei vicino al gommone. L’immersione si svolge nel blu ed è estremamente semplice, tuttavia indimenticabile. Lontano dalla costa, in acque libere, su fondali che cadono oltre i 500 metri dalla superficie, i raggi del sole penetrano la colonna d’acqua e  scompaiono in un abisso buio insondabile. Questo induce l’idea che da qualche parte sotto ed attorno a noi, ben oltre il nostro campo visivo, ci sono squali che si stanno avvicinando. La sensazione di eccitazione va e viene, in concomitanza con la naturale curiosità e l’innato timore di animali sconosciuti. Senza punti di riferimento costituiti dal fondale o da una scogliera vicina, è facile perdere l’orientamento, pertanto è essenziale avere auto-consapevolezza ed un buon controllo dell’assetto. Sospesi in un familiare mondo tridimensionale, la mente vaga in un elevato stato di consapevolezza, proprio quando la nostra vista  ed i canali vestibolari soffrono della privazione di stimoli sensoriali.

Su un lato del gommone vengono calate tre cime lunghe circa 10 metri, appesantite da alcuni piombi di zavorra. Due sub ed il divemaster si posizionano lentamente ed afferrano ognuno una cima, che servirà come punto di riferimento costante con il gommone.

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Il primo squalo blu si avvicina lentamente, staccandosi dalle acque profonde. Ha una bellezza sublime ed è parco nei movimenti, nuota lentamente, in modo quasi ipnotico. E’ un esemplare molto cauto : si avvicina e si allontana, con una lenta andatura a yo-yo tra la luce ed il buio. Il richiamo del pesce sminuzzato che viene gettato in acqua dal gommone è irresistibile per lo squalo, che però è intimorito da noi subacquei. I suoi tentativi di avvicinarsi sono molto cauti, quasi timidi, tutto fuorché minacciosi. Qualsiasi movimento improvviso di noi subacquei, anche solo l’orientare la macchina fotografica, lo inducono a fare dietrofront e ad allontanarsi nel blu. A poco a poco guadagna fiducia e vince la propria riluttanza, sino a mostrarsi decisamente curioso man mano che il tempo passa. Talvolta gli squali blu giungono a sfiorare i subacquei per elaborare una mappa tattile con i sensori che si trovano sulla linea laterale del corpo affusolato. E’ una linea di cellule sensoriali con le quali la verdesca rileva le minime variazioni di pressione dell’acqua. L’altra caratteristica sensoriale sono le ampolle di Lorenzini, disseminate sulla superficie del lungo naso. Considerata la vita nomade di questa specie, è evidente la necessità di averne in abbondanza. Ogni aspetto della loro biologia è disegnato per massimizzare le possibilità di trovare potenziali prede con il minimo sforzo. Osservato da vicino, lo squalo blu è un tripudio di indaco, incredibilmente bello. Ha una forma sottile ed agile, con lunghe pinne pettorali che ne denotano la vita pelagica.

Prionace glauca

Prionace glauca

Quando la fortuna arride, dalle acque più profonde arrivano anche i veloci squali mako.  A differenza dei pesci più comuni che hanno scheletri ossei, gli squali e le razze appartengono a un gruppo di pesci primitivo e possiedono una struttura interna composta da cartilagine. Sebbene la cartilagine non abbia la forza e la robustezza delle ossa, essa è più flessibile : in un ambiente privo di gravità come lo spazio acqueo, queste caratteristiche fisiche consentono manovre eleganti e veloci attraverso la colonna d’acqua.

Taeniura grabata

Taeniura grabata

Le immersioni da riva sono impreziosite dalla presenza di grandi razze maculate che amano posarsi sui fondali sabbiosi ed andare a caccia dei piccoli pesci che si camuffano nella sabbia. E’ affascinante fermarsi ad osservare la tecnica di caccia e le imboscate che tendono alle loro prede, sulle quali balzano velocemente per risucchiarle nella bocca posta ventralmente. Gli appassionati di relitti non hanno chance a Pico, ma poco lontano da Horta, nella vicina isola di Faial distante appena quattro miglia, c’è il relitto del Viana. Si tratta di un’imbarcazione che prese fuoco nel porto di Horta ed affondò. Alcuni mesi più tardi fu messa in galleggiamento e rimorchiata di proposito nel punto ove giace ora. Il relitto, lungo circa 80 metri, è capovolto con la chiglia rivolta verso la superficie (a circa 38 metri) ed è posato su un fondale sabbioso a circa 45 metri di profondità.

 

 

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Articolo originale di Sabrina Monella (testo) e Franco Banfi (foto)

pubblicato in precedenza su Scubazone n. 7 


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Franco Banfi

Fotografo subacqueo professionista, Franco ha pubblicato su tutte le principali riviste naturalistiche europee, incluso National Geographic, GEO e Focus. Recentemente si è scoperto appassionato divulgatore e tour leader : organizza corsi e workshop di fotografia, viaggi particolari da condividere con pochi partecipanti interessati ad osservare la natura con un approccio privilegiato.

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