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Home Articoli Altro Un sogno d’Autunno

Un sogno d’Autunno

08/12/2007

Autore: Pier Da Rolt

Un sogno d’autunno

Ho scritto molto di subacquea in questi ultimi anni. Con un pizzico di presunzione, ma con molta umiltà, ho cercato di imparare ed insegnare, di esprimere concetti e divulgare la mia poca esperienza.
Ora vorrei scrivere di qualcos’altro, di un’ultima avventura, non di quelle che lasciano il segno, ma di quelle che si ricordano nella vita.
Pochi giorni fa, un mio giovane amico, mi ha convinto ad andare in montagna con Lui, tanto per togliermi dall’eremitaggio nel quale mi sono chiuso in questo ultimo periodo. Non sono affatto allenato, ne fisicamente ne mentalmente, ma tantè, forse una giornata diversa ci voleva.
E così ci siamo ritrovati al buio a camminare sul ghiaione sotto alla grande muraglia della montagna delle montagne, il “Civetta” nome biblico per gli alpinisti di tutto il mondo. In programma la via “Aste” sulla parete nord-ovest, bella, splendida, un volo d’aquila tracciato sulla roccia. Le stelle erano le uniche nostre compagne, oltre alla cupa muraglia che ci sovrastava. Mi girai e vidi due lumini che procedevano lesti sotto di noi, altri due alpinisti. Continuammo incuranti dei nuovi arrivati, il tempo incalzava e le poche ore di luce delle giornate autunnali non lasciano molto tempo per guardarsi in giro.
Arrivammo all’attacco delle rocce che faceva ancora buoi, la via era conosciuta sia da me che dal mio compagno per averla percorsa parecchie volte e così attaccammo al buoi, con il solo ausilio delle torce frontali.
Era molto tempo che non sentivo la ruvida roccia sulle mani e sui piedi, quella sensazione di freddo che poi lascia il posto ad un calore così forte da sembrare umano, un contatto così intenso…… quasi fisico, un fondersi con appigli, appoggi e fessure.
Il mio compagno era veloce, sembrava danzasse, io un po’ più impacciato nei primi metri poi via via sempre più sicuro, la sicurezza di un tempo, quando i miei piedi volavano sulla roccia e le mie mani sembrava non facessero il minimo sforzo nell’avvinghiarsi agli appigli.
I tiri di corda si susseguivano senza sosta, non sentivamo stanchezza e ci sembrava di volare, eravamo felici.
Ad un tratto, verso metà strada, in un punto dove la parete era maggiormente sporgente, notammo su una via che saliva parallela alla nostra, la “Andrich” (forse per voi cari amici questi nomi non dicono nulla, ma per chi frequenta la montagna sono miti, sogni da inseguire, come per i subacquei “l’altare” o la “Haven” o “Shark Reef”), un’altra cordata.
La luce del sole era alta ed arrivava anche su quel tetro tratto di parete, guardai attentamente e mi accorsi che il capo dell’altra cordata portava un caschetto dipinto con delle inconfondibili strisce gialle e nere. Erano molti anni che non vedevo quel casco, ma ero sicuro che, sotto di lui ci fosse il suo padrone di sempre.
Una voce, un richiamo…………. La piccola sagoma si girò verso di me, sicuramente non mi aveva riconosciuto. Urlai il mio nome ed ecco che quel uomo iniziò a sbracciarsi in un insieme di gesti che mi confermarono di essere stato riconosciuto.
Ripartimmo, la via era ancora lunga e le ore di luce poche, quindi, senza indugio, lasciata perdere quell’emozione che mi aveva assalito, ripresi a salire rapido.
Arrivammo in vetta che era pomeriggio inoltrato, subito guardammo dove potesse essere l’altra cordata e la scorgemmo dietro un piccolo torrione.
Mi avvicinai, guardai l’uomo negli occhi, aveva la mia età, la barba incolta ed i capelli lunghi che spuntavano da sotto il casco. I suoi azzurri e vivi mi fissarono, le nostre bocche si schiusero in un sorriso ed i nostri caschi calarono l’uno contro l’altro a simulare lo scontro dei trofei di due stambecchi.
Ci abbracciammo forte come fanno due uomini che sono amici da una vita e che da quasi una vita non si vedono. Un’amicizia fatta di donne, di vino e di grandi avventure coniate sulle rocce delle alpi dal “Bianco” al “Peralba”, nelle grotte e negli abissi. Quasi una vita passata insieme ad inseguire sogni.
Ci sedemmo sulla cresta della vetta, sotto i nostri piedi il vuoto spaziale, guardammo lontano, la valle l’orizzonte. Una leggera nebbia saliva dal fondo della parete e qualche brivido si faceva sentire sulle nostre schiene, chiaro segnale che era ora di scendere.
Quasi correndo percorremmo la ferrata che portava al rifugio, lì ci fermammo, non c’era più fretta, con la mia macchina ero riuscito ad arrivare fin lassù e quindi saremmo stati presto a raggiungere la strada asfaltata.
Ci sedemmo su un sasso io ed il mio amico, appoggiati schiena contro schiena, a guardare il cielo in quell’ora del crepuscolo dove le ombre si mescolano alle luci e tutto diviene irreale.
Parlammo, parlammo molto, facendo progetti per nuove avventure, nuove esplorazioni di grotte e addentrandoci con la fantasia in esse. Spedizioni in Svizzera, Croazia, Slovenia, Italia. In fin dei conti eravamo entrambe liberi, senza legami di famiglia o altro.
E parlammo ancora di sentimenti, ci raccontammo a vicenda, di quanto era bello vivere soli o con una famiglia…………….. già una famiglia, anche se formata solo da una donna, un cane ed una gatta.
E i miei sogni riapparvero, mi sentii nuovamente aquila volai ancora nei ricordi e in quella dolce malinconia che fa sentire l’animo umano così fragile.
Forse stavo ridiventando elfo, ma non dovevo. Ero uomo ormai e questo dovevo rimanere………………….. un uomo.
Spuntò la prima stella, non mi sembrò vero e lancia il mio sogno verso quello scrigno che lo accolse e lo chiuse in sé.
Una stella…………… la prima della sera, forse chissà, un giorno qualcuno aprirà quel brillante cofanetto e leggerà il mio sogno e forse proprio quel sogno potrà diventare la realtà di qualcun altro.

22 novembre 2007
Pier Da Rolt. (Old Shark)

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.


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