Relitto. Nello studio della storia dell’uomo, è difficile trovare un’altra parola in grado di evocare così tanta curiosità e interesse. Vuoi perché siamo tutti cresciuti con il mito dei tesori perduti nelle profondità del mare, vuoi perché alcuni relitti sono leggende scolpite nell’immaginario comune. Uno per tutti, il relitto del Titanic affondato nelle acque gelide dell’Atlantico settentrionale il 15 Aprile 1912 dopo aver urtato un iceberg, adagiato a circa 4000 metri e portatosi dietro quasi 1400 vite.
Tre milioni di relitti sui fondali mondiali
Stando ai dati dell’UNESCO, in fondo ai mari di tutto il mondo ci sarebbero più di tre milioni di relitti, un numero che potrebbe apparire impressionante, se non si tenesse conto del fatto che per millenni fiumi, mari e oceani sono stati la principale via di comunicazione per unire posti lontani fra loro e spesso irraggiungibili via terra. Le rotte marine sono da sempre vie di commercio e scambio culturale rapide, efficaci e tuttavia pericolose, in balìa di eventi atmosferici violenti, imprevedibili e incontrollabili, fondali insidiosi, nemici e razziatori.
L’interesse dei subacquei per i relitti sottomarini
Un’attrattiva mondiale per i subacquei
Indubbiamente i relitti rappresentano un argomento di assoluto interesse per subacquei di tutto il mondo che spesso si sottopongono a lunghe trasferte per andare a esplorare navi e aerei nei fondali di ogni oceano creando un indotto non trascurabile. La subacquea ricreativa e tecnica permettono tuttavia di esplorare solo una minima parte di questi relitti perché la loro stragrande maggioranza si trova a profondità accessibili solo con sottomarini o batiscafi.

Il dibattito sugli affondamenti accidentali e volontari
Negli ultimi decenni la questione degli affondamenti accidentali e volontari di navi ha attratto sempre maggiore interesse in tutto il mondo, a causa principalmente dei potenziali effetti dei relitti di navi sulla vita marina e sulle attività umane commerciali e ricreative. Tuttavia, i lettori interessati ai relitti dovranno confrontarsi con punti di vista diversi, spesso in contrasto tra loro.
Da una parte c’è chi vede i relitti di navi (nonché altre strutture simili come le piattaforme per l’estrazione di gas/petrolio, gli aerei, i vagoni ferroviari e metropolitani, ecc.) come buone opportunità potenziali e come risorse valide per il miglioramento della vita marina. Dall’altra parte l’opinione di chi vede i relitti attualmente esistenti come strutture pericolose e contrasta fortemente la prassi di affondamento volontario.
Di seguito alcune considerazioni a favore e contro relative a questi complessi argomenti.
Relitti come elementi inquinanti
I numeri dell’inquinamento da relitti
L’International Union for Conservation of Nature stima in circa 8500 i relitti affondati e abbandonati nei mari e negli oceani definiti “potenzialmente inquinanti“. La prestigiosa rivista The Maritime Executive Journal stima che la maggior parte di questi relitti risalga alla seconda guerra mondiale e che la maggior parte degli elementi inquinanti sia rappresentata da inquinanti chimici (vernici, cablaggi, isolanti termici come l’amianto), munizioni inesplose e circa 23 miliardi di litri di olio combustibile pesante, 30 volte di più rispetto a quella della perdita dalla piattaforma marina Deepwater Horizon nel 2010 (se non lo avete visto, vi consiglio il film del 2016 “Deep Water – Inferno sull’Oceano” che ripercorre con precisione gli eventi che hanno determinato il più grande disastro ecologico di tutti i tempi).

I costi proibitivi della bonifica
Con lo sviluppo del trasporto marittimo, l’inquinamento marino causato dalle navi affondate sta diventando sempre più un problema globale e transfrontaliero, che potrebbe colpire le persone, l’ambiente e le economie di tutto il mondo. Purtroppo, mancano dati e cooperazione internazionale su come gestire l’inquinamento da relitti; inoltre, il costo finanziario per rispondere all’inquinamento provocato dai relitti è proibitivo, soprattutto per i paesi in via di sviluppo. La pulizia costa in media da 2.300 a 17.000 dollari per tonnellata senza tener presente che spesso i relitti si trovano a grandi profondità e molto distanti dalla costa.
Il dibattito sulla biodiversità marina
Se quanto sopra detto sembra non possa essere argomento di discussione, vi sono autori che sostengono il fatto che “ad oggi non esistono informazioni/contributi relativi alla biodiversità associata ai relitti” e che nel Mar Mediterraneo, “il ruolo svolto dai relitti nell’ecosistema e, in particolare, sui popolamenti ittici, non è ancora stato oggetto di indagine”. E ancora, “c’è una necessità urgente di comprendere meglio il ruolo svolto da questa potenziale fonte di inquinanti per gli ambienti e l’ecosistema marini”, ignorando completamente (a quanto pare) la grande quantità di inquinanti simili rilasciati nel Mar Mediterraneo dalle petroliere e dalle navi commerciali che attualmente attraversano queste acque. (ANDALORO F. – 2012)
Gli affondamenti volontari: scuttling
Diverso il discorso per gli affondamenti volontari (c.d. scuttling), pratica attuata in numerose parti del mondo, ma attualmente fortemente osteggiata in Italia. Infatti, mentre le considerazioni sopra menzionate sono perfettamente ragionevoli quando si parla di un affondamento accidentale di una nave, evento in cui la contaminazione dell’ambiente marino circostante è praticamente inevitabile e deve essere seguito da operazioni di recupero adeguatamente pianificate, le stesse considerazioni non sono pertinenti per gli affondamenti volontari, dal momento che i protocolli internazionali richiedono una preparazione e una pulizia completa delle navi coinvolte; in particolare, occorre rimuovere tutte le vernici, gli oli, i carburanti, la plastica e i materiali di rivestimento e copertura, unitamente a ogni altra fonte di potenziale inquinamento ambientale (USEPA – 2004). Inoltre, sono previsti requisiti speciali a garanzia delle attività dei sub, ove presenti.
Relitti come elementi favorenti la biodiversità
Biomassa e colonizzazione marina
Sono state fornite prove sperimentali per cui relitti e barriere artificiali di altra natura producono, di fatto, biomassa e ciò è supportato da diverse considerazioni. Le spugne, i briozoi, i vermi, le gorgonie, i bivalvi (come la minacciata Pinna nobilis) e le altre numerose specie epibentiche che vivono su di essi colonizzano ogni superficie in acciaio e spazio disponibile sui relitti.
Ne consegue, che il rapporto tra il numero di specie “sul relitto” e “nei dintorni” solitamente è molto elevato, specialmente nei casi di relitti situati su fondali piani sabbiosi. Inoltre, esistono molti esempi di specie caratteristiche, associate o anche esclusive delle strutture dei relitti come la Cernia rossa (Mycteroperca rubra) e la Musdea (Phycis phycis) che sono state osservate in Sicilia, solo in strutture artificiali.
Habitat multipli e oasi di vita
La principale fonte di tale maggiore biodiversità è solitamente la consueta struttura altamente complessa e articolata delle navi, caratterizzata dalla presenza di ampi piani verticali e orizzontali che si trasformano in habitat multipli. Gli habitat verticali, ad esempio, ospitano floride colonie di gorgonie che nella maggior parte non si trovano nelle aree circostanti. È pertanto probabile che nel lungo periodo i relitti possono diventare vere oasi di vita e luoghi di reclutamento in cui si possono trovare specie non presenti nelle aree circostanti.

Le preoccupazioni sulla concentrazione ittica
Per contro, secondo alcuni, i relitti costituiscono un polo di attrazione per gli animali marini che si aggregano e si concentrano nei pressi e sui relitti; tali aggregazioni aumentano l’efficienza di cattura da parte dei pescatori commerciali e dei pescatori e subacquei sportivi. Il risultato finale sarebbe un impoverimento della biocenosi naturale. E tuttavia data la presenza di infiniti resti e rottami, chiunque si lanci in tale impresa con grande probabilità andrà a perdere tali attrezzature da pesca insieme alle potenziali prede. Pertanto, la complessità dei relitti rappresenta anche un fattore deterrente per le potenziali attività di pesca incentivate dall’aggregazione dei pesci.
Per quanto riguarda il problema della cosiddetta “pesca fantasma” (ossia, il fatto che le attrezzature perse potrebbero continuare a catturare pesci per un periodo di tempo mentre galleggiano nell’acqua), numerose prove scientifiche indicano che le attrezzature perse e/o abbandonate sui relitti si aggrovigliano e si decompongono molto più velocemente rispetto a quelle perse in mare aperto, a causa dei più intensi meccanismi idrodinamici che caratterizzano le aree/superfici dei relitti e che influiscono sulla struttura delle attrezzature.
Relitti come incentivo al turismo subacqueo
Un’alternativa ai fondali deserti italiani
In Italia, dove i fondali naturali sono spesso deserti, i relitti rappresentano un’alternativa apprezzata e richiesta dai subacquei e per questo aumentare il numero di relitti disponibili potrebbe incrementare i benefici turistici di molte realtà locali. Inoltre, le navi risultano essere strutture molto più interessanti per i sub rispetto alle barriere artificiali costruite dall’uomo in calcestruzzo e le caratteristiche fisiologiche delle navi sono migliori rispetto a quelle, anche molto articolate, dei blocchi di calcestruzzo al fine di stimolare l’aggregazione e lo stato della vita marina e a questo aggiungiamo che i costi di messa in opera sono minimi rispetto a quelli dei blocchi artificiali.

Sicurezza e protocolli internazionali
Pertanto, aumentando il numero di relitti a disposizione dei sub nell’area della fascia costiera (20-50 m) si avrebbe un potentissimo strumento per l’aumento del turismo associato alle immersioni. Qualsiasi obiezione sui potenziali livelli di pericolosità per i sub durante l’esplorazione di tali strutture non è rilevante, considerate tutte le procedure richieste dai severi protocolli internazionali volti a “ottimizzare” i relitti ai fini delle attività dei sub (ANON – 2006a).
Essi comprendono tutte le operazioni necessarie a mettere in sicurezza l’imbarcazione e tutta la mobilia originale all’interno di essa. Inoltre, deve essere rimossa qualsiasi potenziale fonte di danni (come i vetri e/o le strutture a cui i sub potrebbero rimanere impigliati) e devono essere realizzati adeguati passaggi per l’entrata e l’uscita dall’imbarcazione che consentano ad almeno un sub completamente equipaggiato, ma in alcuni casi anche due, di muoversi facilmente all’interno di essi. Qualora gli spazi disponibili non consentano tali pratiche, gli spazi stessi devono essere artificialmente bloccati per i sub, usando dispositivi tecnici che, a loro volta, consentiranno ai pesci di continuare a usarli e all’acqua di circolare liberamente.
Protezione e regolamentazione dei siti
I detrattori dello scuttling obiettano che spesso i relitti non vengono adeguatamente protetti da usi impropri, come l’ancoraggio di barche o pesca di frodo e di conseguenza i subacquei catturerebbero e venderebbero illegalmente più pesce possibile. In realtà la maggior parte dei relitti situati lungo le coste sono stati tutelati dalle autorità preposte per cui sono vietate la pesca commerciale e ricreativa e i diving sono tenuti a richiedere un permesso ufficiale per esplorarli.
Sebbene la scarsa applicazione di tali normative possa rappresentare un problema, come per altri aspetti sarebbe sufficiente fare applicare la legge…
Bibliografia
ANDALORO F. (resp.) (2012) – Studio sull’impatto dei relitti bellici e mercantili sulla pesca nello stretto di Sicilia ed in altri mari siciliani denominato “S.I.ASIC. Relazione Finale ISPRA. 77 pp.
USEPA. (2004) – Draft National Guidance: Best Management Practices for Preparing Vessels Intended to Create Artificial Reefs. U.S. Environmental Protection Agency, June 2004
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