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Home Articoli Quando un recupero subacqueo diventa un’avventura: 750kg a 37 metri
palloni recupero subacqueo lago

Quando un recupero subacqueo diventa un’avventura: 750kg a 37 metri

30/10/2024

LESSON nr. 1 “The bear is under the chair …”, dal REC al TEK per un recupero estremo.

BEhhh… non è proprio così, ma si tratta di esercizi particolari. In effetti voglio raccontare quando il Karma si allea con Murphy e, malgrado una buona organizzazione uniti a briefing dettagliati, ti rendono un “possibile ma poi non tanto semplice esercizio”, in qualcosa di… estenuante. Aggiungo anche un’altra nota: ecco quando dei tuffi REC si trasformano in veri tuffi TEK, e pure anche molto WORKS 😊.

sub palloni trasporto
Contenuti dell'articolo nascondi
La chiamata
La preparazione del recupero, tra briefing e valutazione dei rischi
Valutazione del fondale
Il primo tentativo
Immersione n. 2 e n.3
N.4: il tuffo finale
Valutazioni finali
Ode ai professionisti

La chiamata

Puntualissima arriva la telefonata dell’amico: “Carlo, mi è rotolato un plinto sul fondale del lago (…”the bear is now underwater”) e dobbiamo tirarlo su: riesci ad aiutarmi?” E come fai a dire di no! Abbastanza abituato a fare qualche lavoretto subacqueo, tra me e me penso che, come già successo altre volte, si dovrebbe operare sui 15/20 mt massimo… e allora rispondo “…ma si dai… ci proviamo“. Cavolo, difficilmente mi tiro indietro quando c’è da trafficare in acqua!!!

La preparazione del recupero, tra briefing e valutazione dei rischi

L’attrezzatura ed il bombolame vario superano di già le aspettative (e siccome non sono più di primo pelo, comincio ad accusare un pochino il facchinaggio) perché non conoscendo “l’under water del caso” si deve portare tanta attrezzatura per essere pronti a ogni evenienza.

Con l’inseparabile Buddy Ivan Rolli (notare la B maiuscola), prepariamo un bel briefing per capire chi fa cosa come e quando, perché sappiamo e insegniamo che il Briefing va fatto e BENE, e mai come in questo frangente è basilare capire le dinamiche dell’operato subacqueo.

Come diceva il grande Enzo Jannacci, “devi saperlo prima che dopo stai male!!” e quindi si deve pensare di prevedere il più possibile e tanto per incominciare, per non fare rotolare il plinto in caso di recupero – non deve assolutamente scappare di nuovo, incominciamo a fissare una “catena figlia” (mi è piaciuto chiamarla così) lunga circa 12 mt alla catena “madre” ancorata a riva, alla profondità di 6 mt.

Si trascina il tutto in acqua con attrezzatura addosso… vicini vicini ma senza il Gabibbo, torce, luce, grilli, e pinza per chiudere i perni e senza perderli: mi raccomando!!! Ahhh e poi soprattutto che i grilli siano correttamente dimensionati per passare nella maglia della catena (sembra una stupidata ma è importantissimo… provate a pensarci)!!!! OHHHH!!! Quante cose su cui concentrarci!!!

E non sappiamo ancora con cosa avremo a che fare sotto.

plinto fondo lago recupero

Valutazione del fondale

Si torna giù, cercando di prevedere pochi yo-yo alla ricerca e scoperta del fantomatico blocco di cemento. Fondale inclinato (ecco perché gli è rotolato giù) e senza fango (ottima notizia!) E lo troviamo sì, ma a 36 mt coricato sul fianco!

Due pensieri ci affollano il cervello: siamo fondi… ed è pure grosso! …Mi sembra mooolto grosso, e quindi pesante. Fortunatamente gli occhielli dei ferri sono a posto e raggiungibili. Si fa il primo up and down del giorno, sparando un pedagno, risalendo, e vedendo che… la verticale si trova ad almeno 70 metri da riva.

Il primo tentativo

Vabbuò… (come dicono al sud) proprio al pedagno, dopo aver pinneggiato, pinneggiato e pinneggiato ancora, facciamo scendere una cima di 70 mt attaccata a riva e poi 4 palloni di sollevamento da 200kg e 100 kg (perché ti voglio vedere portare a mano giù tutto il plasticone ingombrante, mentre con l’altra devi controllare l’assetto, gonfiare il gav e la stagna… etc).

Sotto, vediamo il mastodontico plinto di almeno 20 ql. che ci lancia la sfida e dopo aver agganciato il pallonamento vario con grilli e moschettoni, vediamo che con una sola stage di 10 lt riempiamo un unico pallone da 100 kg. Delusione, ma ce lo aspettavamo per la nota legge fisica. Risultato: gonfiamo molto poco e non abbiamo più aria a sufficienza per proseguire e quindi si chiude il tuffo con deco adeguata e con 120 minuti finali trascorsi in acqua lasciando i palloni posizionati, sperando che qualche subbo figlio di madre incerta, non ce li rubi.

sub palloni cemento lago

Immersione n. 2 e n.3

Con la seconda e terza immersione, stavolta gestita con ean e oxi per uscire il più puliti possibile, ne sono successi di tutti i colori.

Si parte da palloni un po’ anziani che perdevano aria, (ci siamo fatti ingolosire dal loro uso perché più grossi, ma purtroppo mai testati prima) passando addirittura alla spiombatura di una cima… e rotture strutturali di moschettoni per lo sforzo meccanico (mai accaduto prima né uno né l’altro) con la conseguente perdita in superficie di palloni e tanta aria perduta per nulla e quindi tutto da rifare. La sintesi ci dice che siamo rimasti in acqua 50 minuti col tuffo n.2 e altri 90 minuti col tuffo n.3, realizzando poco, ma imparando a correggere i vari errori.

pallone gonfiato recupero peso subacqueo

N.4: il tuffo finale

Con l’ultimo tuffo, ebbene sì, il quarto “REC TEK WORK” dopo aver consultato Archimede ed il suo postulato, ci siamo detti: oggi o mai più!

Siamo ancor più cazzutissimi a dir poco, ma con le dita incrociate dietro, pronti per l’ennesima “sfortuna tecnica”. Miscela iperossigenata adeguata per i 37 mt di profondità (intanto le piogge avevano fatto alzare il livello del lago) – oxi lasciato a 6 mt, 2 stage da 10 litri cariche ad aria agganciate al gav, ean 40 a scodinzolo attaccato a Ivan trasformato all’occorrenza in trenino di bombole, mono da 15 lt caricato ad aria reso un pochino neutro con galleggianti di recupero a scodinzolo pure lui, e un totale di 750 kg di palloni di sollevamento, (2 piccoli di scorta) alcuni ancora fortunatamente in posizione e altri portati giù infilati nel bombolame. Pinza in tasca e grilli a portata di mano attaccati ai D-Ring.

Ivan con il compito importante di osservare attentamente tutto, (soprattutto dalle perdite di aria) tenere monitorato il tempo, controllare, e soprattutto fare luce, fare tanta luce, come un lampione. Ci sono voluti solo 7 minuti, i 750 kg di palloni carichi, ed aria Q.B. quanto basta per fare decollare la pesante mongolfiera: la soddisfazione è stata parecchia. Sono stati impiegati comunque altri 168 minuti totali per riposizionare il manufatto, correttamente nel posto prefissato e metterlo in sicurezza a 15 mt alla famosa “catena figlia” iniziale, tale che non si muovesse più per il futuro aggancio della barca a vela del proprietario.

Valutazioni finali

Al termine di questi esercizi, dove siamo riusciti a “portare l’orso sopra la sedia” che cosa possiamo condividere?

Innanzi tutto è vivamente sconsigliato fare qualsiasi cosa del genere per i principianti o subbi che non abbiano una adeguata esperienza a gestire una mole così alta di concentrazione, sforzo fisico, organizzazione, gestione adeguata delle attrezzature subacquee e meccaniche o comunque “fare” qualche cosa sott’acqua di estremamente manuale (ma con l’uso del cervello sempre innestato).

Molto importante è la valutazione dei rischi a priori ed anche e soprattutto a livello operativo, quando ad un certo punto con lucidità devi anche fermarti e rimandare una fase di lavoro ad un’altra volta. Interfacciarsi in simbiosi con il buddy è importantissimo. Non è una semplice immersione dove ti fai il giretto con gli amici, quando stai attento per lo più all’assetto e magari devi solo seguire la guida che ti può pure dare l’aria se l’hai finita. Ci si può fare male.

È tutta un’altra cosa. Ci vuole il giusto addestramento, pensando che un semplice affanno causato magari da un piccolo trasporto subacqueo, ti potrebbe far perdere il totale controllo. Comunque però lo si può fare, ed è anche vero che è molto divertente e accattivante effettuare piccoli lavoretti come il gonfiare un piccolo pallone di sollevamento e fare riemergere un piccolo peso, controllandone la risalita il tutto fatto sicuramente a profondità di gran lunga inferiori e supervisionato da istruttori esperti.

Ad esempio, immersioni ludiche e divertenti con piccoli esercizi simili, sono state effettuate varie volte in sede alla Bergamo Sub fuori corso per responsabilizzare, fare “provare” e fare divertire subacquei avanzati.

Ode ai professionisti

Il nostro è stato un solo “gioco” per noi abbastanza duro e provante che senza Karma contrario e Murphy avremmo portato a termine sicuramente in minor tempo. Abbiamo imparato tanto sul campo, anche stavolta. E questo è importane, come lo è il saper correggere i vari errori.

Ma la nostra ammirazione rimane comunque sempre altissima e rivolta ai Professionisti. A quelli veri. Loro sì che lavorano in acqua ore e ore costantemente raggiungendo risultati incredibili con altissimi livelli di specializzazione e con addestramenti a volte fuori dal comune. Cose che a volte vediamo solo nei film. Davanti a loro, noi umili, ci togliamo il cappello.

Lettura correlate:

La sicurezza in immersione: la subacquea è sicura?

https://www.scubaportal.it/gestione-operativa-del-rischio-subacqueo-intervista-a-gino-ferreri/


TAGrecupero tecnica
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Carlo Roncoroni
Carlo Roncoroni

Carlo Roncoroni è un subacqueo tecnico e autore, con una lunga esperienza in immersioni profonde e con miscele come il trimix. Ha firmato diversi articoli per ScubaZone, dedicandosi a tematiche di esplorazione, ambienti lacustri e subacquea tecnica. Condivide gran parte delle sue immersioni con Ivan Rolli, amico e compagno di immersioni, con cui esplora e documenta ambienti spesso poco conosciuti. Insieme portano avanti una visione della subacquea fatta di ricerca, avventura, preparazione e rispetto per l’ambiente.

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