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Divemastering

28/06/2004

Autore: Claudio Di Manao

Divemastering: ovvero: psicopatologia e contrattempi dell’immersione quotidiana.
dal Mar Rosso, Claudio Di Manao

Perché la gente va sott’acqua?

Dal punto di vista di una povera gorgonia aggredita a Ras Umm Sid, o di una guida che si affanna a ad acciuffare quelli che rimbalzano, che vanno di schiena e poi s’impanicano, questa domanda ha un senso. Molto, molto senso.

Cercheremo quindi di capire insieme cosa spinge l’uomo… anzi, certi uomini e certe donne chiamati genericamente ‘subacquei’, ad avventurarsi nel mondo sottomarino. Noia per gli acquari? Voglia di avventura? La dominante blu? Oppure quel silenzio che copre i chiacchiericci di mogli, figli, fidanzati, venditori di tappeti e animatori del villaggio?

Ognuna di queste risposte potrebbe, da sola, fornire una spiegazione valida. E la prenderemmo per buona se non si verificassero dei fenomeni strani e contraddittori nel comportamento di quella specie umana che noi chiameremo ‘subacqueo’, o, più scientificamente, Homo subacquaticus. Tanto per cominciare dovremmo ripercorrere insieme alcune tappe del passato, ed andare molto, molto indietro nel tempo, ai tempi di quel figo di Alessandro Magno, per esempio, che si è fatto chiudere in una campana di vetro e calare nel Golfo Persico. Purtroppo non avevano ancora inventato la PADI ed i manuali PADI, coi disegnetti sugli spazi aerei e sui bicchieri rovesciati portati sul fondo di una piscina, e dato che non avevano neanche inventato la FIPS, Alessandro si spaccò un timpano e morì.

“Balle, non ci risulta!”

No, aspettate, lasciatemi finire: non morì subito dopo! Morì perché era sordo. Infatti, la sera che fu avvelenato, qualcuno gli bisbigliò nell’orecchio offeso che il cuoco stava versando una strana sostanza da una strana boccetta verde nel suo pasto, ma lui rispose “Eh? il fuoco?” L’altro lasciò perdere, ché combattere coi sordi è snervante, ed accadde ciò che accadde. Da qui si dovrebbe intuire l’importanza focale di una adeguata compensazione. Purtroppo il saper compensare bene e mantenere le orecchie sane non basta da sé per andare sott’acqua. Ci sono altre cose importanti, che non vi spiegherò qui perché questo non è un corso sub.

Ma andiamo avanti coi secoli: dopo Alessandro, il primo uomo nella storia a subire un barotrauma dalle conseguenze micidiali, ci spostiamo in avanti nel tempo, verso i palombari, Haldane e le prime tabelle, i primi pazzi temerari con le macchine respiranti delle varie Marine Militari. Cosa accomunava questi uomini oltre ad una gran voglia di sfida e d’avventura? Debiti di gioco? La chiusura del Pub della zona? Questi uomini non temevano nulla. Per scendere in acqua con quelle tabelle e con quelle attrezzature, davvero non avevano paura d’un accidente di niente.

Ecco che piano piano ci avviciniamo ad i nostri tempi, i tempi della subacquea ricreativa, ai tempi delle attrezzature affidabili, dei tour operators subacquei, dei video per i corsi con donne ingioiellate e dalle unghie smaltate che svuotano l’erogatore. Dovrebbe essere più facile.

Eppure niente:

“Lo faccio per lui, soltanto per lui!”

Quante volte un istruttore ha ascoltato questa risposta da una studente in un tu per tu mentre il lui è lì che razzola colle castagnole sotto la scaletta?

In questo caso la faccenda è risolvibile: basta spiegare semplicemente che tutte le tue ex erano istruttrici sub, e che tutte le volte che le avevi portate a svolazzare con gli ultraleggeri o che gli avevi proposto loro un lancio col paracadute da una rupe, se l’erano fatta sotto una ad una e che non hai mai più insistito, né fatto pressioni sulla faccenda, perché gli esseri umani hanno libertà di scelta. Racconti questa storia e loro s’illuminano e lasciano perdere. Certo, non fa bene al diving business, ma piuttosto che creare vittime scontente è meglio così. Insomma: nessuno può obbligare nessuno a diventare geometri, parcheggiatori, o musicisti. Anche se nel passato questo sistema coercitivo ha prodotto dei Mozart e dei Beethoven, noi conosciamo solo questi due che ci sono riusciti, ma non sappiamo nulla di quei bambini diventati anoressici o maniaci sessuali per gli stessi motivi.

Il problema si complica molto di più quando t’arriva qualcuno che s’è messo in testa che andare sott’acqua sia una prova del proprio coraggio e della propria virilità. (Il concetto virilità è qui esteso anche alle donne) Gli sport estremi fanno quest’effetto: attirano certi personaggi. Che c’è d’estremo nella subacquea ricreativa? Se avete il terrore dell’acqua, la subacquea a 12 metri è uno sport estremo. Qui la faccenda si fa seria, perché questi sono difficili da convincere a smettere di torturarsi: hanno già comprato l’attrezzatura e l’istruttore non ha il coraggio di bocciarli perché hanno fatto tutti gli esercizi. Gli si da del tempo. Tempo per prendere confidenza con l’acqua, con se stessi, con le attrezzature. A volte funziona, a volte no. E’ un fatto chimico, c’entrano l’adrenalina, la respirazione intensa, le gambe che tremano. E com’è mai? E come succede? Questo non è un corso di fisiologia. Il punto è che se entrano in panico rischiano, e questo, più che un fatto medico, è un fatto sociale, che riguarda tutti noi sub, istruttori ed open water.

Poi ci sono quelli che non si divertono, niente da fare. Gli fai vedere un nudibranco rarissimo e alzano le spalle, li porti in mezzo ai branchi di barracuda e ti guardano con sufficienza. Gli mostri i riflessi di un’alcionaria in controluce e si girano dall’altra parte, oppure si gettano all’inseguimento di un’acciuga. Sono quelli che hanno una visione cinematografica, o fotografica… (insomma qualcosa d’irreale) dell’immersione. Pensano che la vita sia un film e quando la realtà non supera l’artificio si lamentano.

Concludiamo con quelli che non sanno andare sott’acqua, ma vanno sott’acqua perché hanno il brevetto. L’istruttore, per distrazione, mancanza di pazienza o di esperienza, o solo per non trovare le parole per dirglielo (lasciando stare quanto l’uomo… può diventare venale!) li ha brevettati. E tu, io, qualcun’ altro che sta leggendo adesso, ci deve andare sott’acqua perché un tesserino li ha autorizzati a farlo. So di essere sull’orlo di sollevare un vespaio e che adesso vi chiederete che tesserino, di che didattica, rilasciato da chi. Non ha importanza. Succede che hanno la patente e guidano. E non sanno farlo, né più né meno. Come fai a scoprire se ci sanno fare? Lo scopri solo con il check dive, ma di questo parleremo in seguito. Ce li porti? Non ce li porti? Gli dici che sarebbe il caso che ricominciassero da capo? Risponderemo anche a queste pericolose domande.

“Ma insomma!” (adesso v’ho fatti arrabbiare, lo so) “Noi subacquei non siamo tutti così!”

NON HO DETTO QUESTO. Quest’elenco di tipologie subacquee aveva solo lo scopo di far venire il dubbio a qualcuno di voi, a pochissimi voi… anzi solo a me e te:

Perché la gente va sott’acqua?

Vi propongo un elenco di risposte:

  • a) Perché è bello.
  • b) Perché ci si sente senza peso.
  • c) Perché è un metodo fantastico per staccare con i pensieri di superficie.
  • d) Perché ci sono tante bellissime cose da vedere.
  • e) Perché la luce sott’acqua è spaziale.
  • f) Perché a volte è come sognare senza perdersi del tutto.
  • g) Perché, come nei film di James Bond, ci vai con tante bellissime donne in bikini

 

La risposta giusta è: tutte le sopra citate. Vi ricorda niente?

Saluti e bolle.

 

 

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.


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