L’uomo, e specialmente la donna nella nostra cultura, da sempre usano truccarsi, cioè modificare il proprio aspetto disegnandosi la faccia con sostanze colorate, più o meno naturali, allo scopo di apparire più belli. Molti di questi trucchi sono concentrati nella zona degli occhi, e non solo per noi uomini moderni: pensiamo agli occhi bordati di kajal e prolungati all’indietro, di cui resta testimonianza nei dipinti degli antichi egizi; pensiamo ai colori delle varie culture tribali.
L’occhio è lo specchio dell’anima, è la parte forse più espressiva del volto, una delle componenti fondamentali della bellezza. E così da sempre è stato sottolineato, marcato, evidenziato da ombretti, matite, rimmel, eye-liner, fino ad arrivare a stravolgerlo completamente con lenti a contatto colorate.
E, perché no, agli occhiali da sole, che accanto alla funzione protettiva del nostro organo visivo giocano un’importante funzione estetica, cavalcando di volta in volta mode magari dettate da un film di successo.
I pesci si truccano? Evoluzione, colori e segnali visivi
E i pesci, che fanno? Si truccano gli occhi anche loro? Una prima occhiata alle foto di questo servizio potrebbe far pensare di sì. In realtà i pesci si sono truccati nella loro storia evolutiva, vale a dire che l’evoluzione ha prodotto e fissato nel patrimonio genetico dei disegni colorati, che decorano proprio la zona del muso e degli occhi, in modo diverso per specie diverse. Tutti i caratteri che l’evoluzione ha premiato devono avere una funzione, devono servire a qualcosa. E allora andiamo a esaminare criticamente ombretti, matite, rimmel, lenti colorate e occhiali da sole naturali, tanto diffusi nel mondo dei pesci, per cercare di comprenderne il significato. Come si vede nelle foto che pubblichiamo, moltissimi sono gli esempi in cui linee o macchie colorate, make-up naturali, convergendo verso l’occhio o circondandolo ne evidenziano la posizione, o ne falsano le dimensioni.


Alcuni di questi si sono evoluti come linguaggio nelle relazioni sociali (quindi in effetti per un motivo simile a quello che ha prodotto la tendenza umana a truccarsi per apparire più belli).

L’iride dei pesci chirurgo e dei pesci pappagallo territoriali cambia colore secondo lo stato d’animo del proprietario, nel corteggiamento o nell’aggressione ai rivali: il colore attorno contribuisce a migliorare il segnale, a renderlo più efficace e univoco. In molti altri casi la decorazione degli occhi ha l’effetto opposto: quello di renderne meno evidente la posizione, ingannando così il possibile predatore. Il trucco dark che intristisce l’occhio di molti pesci farfalla, contornandolo di nero, ha probabilmente questa funzione principale. Molti pesci angelo addirittura esibiscono una macchia a forma di maschera che copre entrambi gli occhi, moltissimi pesci li nascondono con una linea verticale che continua nel colore dell’iride. Siamo molto vicini all’uso di occhiali scuri per passare in incognito.


Il falso occhio e l’arte dell’inganno
Un falso occhio può accompagnare questi trucchi. Una macchia oculare posta nella parte posteriore del corpo può avere lo scopo di deviare l’attacco di un predatore verso organi non vitali, o comunque di ingannare l’aggressore dandogli così l’impressione di avere a che fare con un avversario più grosso, vigile e minaccioso. Le ciglia finte del pesce coccodrillo nascondono la vera posizione dell’occhio dietro una cortina sfrangiata, rendendo ancora più difficile la percezione del pesce immobile sul fondo.



Proteggere gli occhi: un organo indispensabile
Tutti questi sforzi per evidenziare o proteggere e nascondere l’occhio, ci dicono in realtà due cose: intanto che i pesci, sprovvisti di appendici per proteggersi e anche di palpebre, devono fare molta attenzione agli attacchi portati verso il loro organo visivo. Si tratta di un organo di senso importantissimo, il principale per molti pesci di acque superficiali, che sulla vista fanno affidamento per trovare il cibo e per evitare i predatori. Ci dicono inoltre che i pesci si guardano negli occhi, che sono molto attenti a individuare lo sguardo degli altri pesci, e che lo usano come punto di riferimento, come indice delle intenzioni dell’altro, grande e importante termometro sociale.


L’occhio dei pesci notturni e di profondità
Ma esistono altri adattamenti dell’apparato visivo che contribuiscono a spiegare lo straordinario aspetto degli occhi dei pesci. I pesci notturni o che vivono in profondità hanno occhi molto grandi, pupilla grande per catturare la poca luce presente, e una retina che privilegia la visione in scarsa luce sull’acutezza visiva. Molti hanno anche (come i gatti) un tapetum, uno strato di cellule che riflettono la luce e che permette di sfruttare al meglio bassissimi livelli di luminosità. Avranno un potere di risoluzione dell’immagine minore rispetto ai pesci diurni delle acque superficiali, e magari una visione in bianco e nero. In compenso i loro occhi rivolti verso l’alto li mettono in grado di scorgere molto bene la sagoma della possibile preda che si staglia scura sullo sfondo relativamente chiaro della superficie del mare.


La massima acutezza visiva nei planctivori
Al contrario la massima acutezza visiva si ha probabilmente nei planctivori (mangiatori di plancton) diurni di piccola taglia, come fucilieri, castagnole, anthias. Questi devono essere capaci di localizzare e mirare con precisione assoluta a prede piccolissime, trasparenti e in perenne movimento, che catturano con colpi individuali. I loro occhi, posti in posizione frontale, possono convergere sulla preda per un’accurata visione tridimensionale. L’acutezza visiva va a discapito della visione notturna: quando la luce diminuisce i planctivori ci vedono decisamente male.
Molti predatori descritti come notturni, come cernie o lutianidi, in realtà si avvantaggiano di questa situazione soprattutto al crepuscolo. La luce della volta celeste li facilita nello scorgere la shilouette dei pesci mangiatori di plancton, che tornano verso il rifugio del reef. Questi ultimi al contrario, in luce attenuata, non distinguono la sagoma scura del dorso del predatore in agguato contro lo sfondo del reef. I predatori metteranno a segno la maggior parte dei loro colpi proprio al crepuscolo, momento estremamente critico per i pesci del reef.

I pesci vedono a colori
Che la maggior parte dei pesci diurni di acque poco profonde veda a colori è implicito se pensiamo all’importanza dei colori nella comunicazione, evidente nelle nostre foto. Addirittura pesci come i labridi o i pomacentridi, tra i più colorati del reef, hanno una sensibilità ai colori che supera la nostra, estendendosi nella zona dell’ultravioletto. Insomma, quelli che sono già coloratissimi per noi, mostrano una gamma cromatica ancora più estesa ai propri simili.


Cornee colorate e filtri naturali
E gli occhiali colorati? L’evoluzione ha pensato anche a questo. La cornea di molti pesci incorpora dei filtri naturali, colorati di giallo, o che permettono la visione in luce polarizzata. Tutti adattamenti che migliorano il contrasto dell’immagine percepita, specialmente importanti per pesci che vivono in acque torbide, vicino al fondo sabbioso, dove la diffusione della luce limita il contrasto. Gli effetti di iridescenza nella cornea di certi pesci leone o pesci istrice, gli straordinari occhi gialli di alcune specie di pesce palla, sono dovuti proprio alla presenza di questi filtri.


I pesci ci vedono bene
Non siamo abituati a considerare i pesci come animali visivi: sarà la limitazione dell’acqua, che per quanto limpida riduce il campo visivo a poche decine di metri, sarà l’apparente fissità degli occhi tondi e privi di palpebre dei pesci, che a molti di noi sembrano indice di scarsa efficienza e acutezza. Sguardo da pesce non è proprio sinonimo di sguardo vivace, ma forse chi ha coniato questo modo di dire pensava all’occhio fisso e rassegnato dei pesci morti allineati sul banco della pescheria piuttosto che all’occhio vivacissimo e mobilissimo dell’anthias vivo, dalla pupilla di smeraldo. I pesci ci vedono bene, e sanno utilizzare gli occhi per comunicare. Speriamo con questo articolo di aver gettato una nuova luce sul modo con cui, alla prossima immersione, li guarderete negli occhi.


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© Massimo Boyer – [articolo pubblicato su Aqva n. 225]



















