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I materiali delle stagne

01/10/2006

Autore: PierLuigi Da Rolt

Le mute stagne vengono confezionate con diversi materiali, ma le due grandi famiglie in cui si possono dividere sono, mute stagne in tessuto e in neoprene.

Le mute in tessuto vengono confezionate per la maggioranza dei casi con i seguenti materiali.

  • Trilaminato; nato per impiego militare, esso è rimasto per molti anni coperto da segreto ma, una volta caduto l’interesse da parte dei vari eserciti, la sua applicazione è stata estesa alle mute stagne per uso sportivo. E’ composto da una fodera esterna in nylon che garantisce una buona robustezza alle sollecitazioni come abrasioni e tagli, uno strato di gomma botulinica alla quale è demandata la tenuta stagna vera e propria ed un altro strato di nylon interno. Ne esistono vari tipi che si distinguono per la loro pesantezza, la quale viene definita in grammi per metro quadro. Quelli più utilizzati per il confezionamento delle mute stagne sono il TLS1 e TLS4 (TLS è l’anacronimo di Tri Laminate Suit). Il tessuto viene tagliato e saldato con vari procedimenti e successivamente tutte le giunture vengono nastrate sia internamente che esternamente al fine di garantire una perfetta impermeabilità, a completamento del tutto vengono applicati gli stivali, la cerniera, il colletto e i polsini.
  • Poliuretano; questo particolare tessuto è a base di poliestere spalmato con poliuretano termoplastico. Il procedimento per la creazione di mute stagne di questo tipo è del tutto simile a per le mute in trilaminato, grazie alle sue caratteristiche si identifica quale giusto compromesso fra trilaminato e gomma per pesantezza ed elasticità, le mute confezionate con questo tessuto hanno una buona resistenza alle sollecitazioni meccaniche ed agli agenti chimici.
  • Gomma; il procedimento per il confezionamento delle mute in gomma è particolarmente articolato, infatti il tessuto gommato viene tagliato, sagomato ed i vari pezzi vengono assemblati mediante delle nastrature, a questo punto le mute “grezze” vengono calzate su dei manichini di alluminio e compresse in autoclave ad alta temperatura, conseguentemente la gomma subisce un procedimento di vulcanizzazione divenendo praticamente un unico pezzo. Come si può facilmente intuire la tenuta stagna è pressoché perfetta dato che, praticamente, non esistono giunzioni. La resistenza dinamica è molto buona, infatti questo tipo di mute viene impiegato frequentemente nella subacquea commerciale per i lavori da eseguire in basso fondale senza saturazione.

Con tutte le mute in tessuto, al fine di garantire la dovuta coibenza termica, devono essere indossati determinati sottomuta, i quali possono avere caratteristiche di peso e spessore variabili in funzione della temperatura dell’acqua e ed al tipo di immersioni da svolgere.
Le mute in neoprene invece si dividono principalmente nelle tre sottocategorie di seguito elencate:

  • Mute in neoprene espanso; confezionate con tradizionale neoprene espanso di grosso spessore, di ottima coibenza termica, ma poco adatte ad immersioni profonde, infatti lo schiacciamento del materiale a causa della pressione porta ad una diminuzione dell’isolamento termico e subisce, inoltre, forti variazioni di assetto.
  • Mute in neoprene precompresso; in questo caso il neoprene viene compresso durante il procedimento di espansione, di conseguenza il materiale si assottiglia fino a diventare dello spessore voluto, il neoprene mantiene una coibenza termica ancora buona e le variazioni di assetto dovute allo schiacciamento del materiale sono minime.
  • Mute in neoprene a cellule rotte; prerogativa di una nota casa americana questo tessuto è molto simile al precompresso ma può vantare una resistenza a tagli e abrasioni molto maggiore. La storia della sua scoperta è assai curiosa ed ha inizio nelle camere iperbariche degli altofondalisti. I sommozzatori di alta profondità che lavoravano in saturazione, vivendo anche per intere settimane all’interno di camere iperbariche portate alla stessa pressione dell’ambiente sommerso dove lavoravano, si trovavano a dover inviare all’esterno le loro mute in neoprene perché venissero lavate. Queste di conseguenza, non affrontando una lenta decompressione come avviene, ovviamente, per i sommozzatori, subivano una repentina depressurizzazione ed, a causa di ciò, le cellule del neoprene si espandevano facendo diventare le mute in alcuni casi addirittura tre volte più grandi rispetto alla taglia originale. Poi, lentamente, ritornavano alle dimensioni originali subendo però una diminuzione dello spessore del neoprene. Ad ogni operazione di ricompressione e decompressione le mute subivano lo stesso processo, fino a che il neoprene che le componeva diveniva un foglio finissimo, morbidissimo e resistentissimo a tagli ed abrasioni conservando inoltre un pur sempre discreto potere coibente. Questo fenomeno venne successivamente sfruttato, come sopra menzionato, da una nota ditta del settore immettendo sul mercato mute confezionate con tale materiale. Purtroppo il processo di lavorazione di questo materiale, anche se industrializzato, rimane abbastanza complesso e laborioso non permettendo quindi di abbassare i costi sul mercato.

Anche con le mute in neoprene vengono indossati dei sottomuta, ma di spessore e pesantezza inferiori a quelli impiegati con le mute in tessuto.

PierLuigi Da Rolt (OLDSHARK)

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.


TAGmute stagne
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