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Rannahli

05/12/2003

Autore: Marco Milanesi

 

Isola di Rannalhi (Maldive)
Rannalhi è una splendida isola posizionata nell’atollo di Male Sud a circa un ora di barca da Male, l’isola principale. Il villaggio è relativamente nuovo e nei miei viaggi precedenti avevo potuto apprezzare lo splendido ed integro reef che circonda interamente l’isola.

Pesci ed invertebrati
Poco meno di due anni fa dei grossi sconvolgimenti climatici, probabilmente legati al Niño e all’effetto serra, oltre ad un aumento della temperatura hanno causato altri strani fenomeni. L’acqua era insolitamente ricca di plancton ed anche le correnti non rispecchiavano più i normali flussi stagionali. L’incredibile varietà e quantità di pesci pelagici è forse legata a questi fenomeni. Molto frequenti erano gli incontri con tonni, mante, squali con pinna bianca e squali grigi (questi ultimi anche di notevoli dimensioni). La varietà ed il numero dei pesci di barriera sembrava inalterata, anche se in effetti c’era una netta prevalenza di pesci fitofagi rispetto a quelli mangiatori di polipi. Sicuramente uno splendido pesce solitamente numeroso non era presente: l’ Oxymonocanthus longirostris.
Le foto sono state fatte con una Nikonos V

  
Chaetodon falcula e Chaetodon collare

 
Heniochus pleurotaenia e Acanthurus lineatus

  
Murena e Acanthurus leocosternon

  
Siganus stellatus e Balistapus undulatus

  
Zanclus cornutus e Anyperodon leucogrammicus

  
Linckia laevigata e Fromia monilis

  
Un Oloturia (Bohadschia graffei) – Tridacna

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.

La barriera e il problema dello sbiancamento dei coralli
(I dati che seguono sono tratti da articoli riguardanti simposi fatti in collaborazione con università americane ed ustraliane sul problema dello sbiancamento, ed in particolare su indicazioni del Dott. Riccardo Rodolfo Metalpa).


Il fenomeno dello sbiancamento dei coralli (Bleaching) è un problema che affligge le barriere coralline di alcuni mari. In caso di condizioni non ottimali e di stress il corallo espelle le Zooxantelle, le alghe simbionti che vivono nei tessuti e che grazie ai loro pigmenti fotosintetici danno colore al corallo. Una volta espulse le Zooxantelle il polipo od il tessuto assume una colorazione trasparente biancastra. In questa condizione il corallo non è morto in quanto il fenomeno è reversibile, e se le condizioni che ne hanno determinato l’effetto si estingueranno, sarà possibile una ricolonizzazione da parte delle zooxantelle e quindi un ritorno allo stato normale. In caso contrario il corallo sarà destinato a morire. Nei coralli duri costruttori durante lo sbiancamento si potrà osservare, attraverso l’ormai trasparente polipo, la struttura scheletrica del corallo costituita da carbonato di calcio; tale scheletro è solitamente di colore bianco candido. Normalmente il fenomeno si riscontra maggiormente nei coralli a crescita rapida rispetto a quelli a crescita lenta.
Il fenomeno dello sbiancamento è legato ad alcuni fattori che nonostante le prime osservazioni siano state fatte 15 anni fa, non sono stati ancora ben identificati.
Sicuramente uno dei fattori principali è legato all’incremento della temperatura dei mari conseguente all’effetto serra e alle correnti d’acqua calda portate dal Niño. Secondo molti studiosi, inoltre, questo surriscaldamento dell’acqua sarebbe legato anche ad un aumento nell’atmosfera (e quindi anche nell’acqua) di anidride carbonica.
Da non sottovalutare l’ipotesi che sia la radiazione solare conseguente al buco dell’ozono a causare fenomeni di sbiancamento. Infatti nella maggior parte dei casi la porzione superiore delle colonie (maggiormente esposta) è la prima ad essere colpita. Sebbene l’oceano sia un filtro efficace, in un’acqua limpida come quella degli oceani tropicali circa il 50% degli uv-b penetra fino a 5 m di profondità e circa il 10% fino a 25 m, per non parlare dei periodi di bassa marea che espongono intere scogliere al sole. Per questa ragione il corallo si protegge grazie ad una propria secrezione anti solare a base di amminoacidi capace di bloccare le radiazioni più dannose; questa sostanza, comunque, non basta se la quantità di ultravioletti ricevuta è superiore alla dose normale. I tassi di mortalità arrivano anche al 95% dei coralli interessati dallo sbiancamento con perdita di colonie massive con più di 1000 anni di età.
A complicare la situazione sono stati osservati fenomeni di sbiancamento anche in casi di brusche diminuzioni della temperatura, riduzione della salinità e infezione batterica.
I rapporti dei vari istituti per la tutela del mare (come l’AIMS australiano o l’internazionale ISRS) evidenziano un aumento negli ultimi anni di tali fenomeni. Solo tra la metà del 1997 e i primi mesi del 1998, in coincidenza con l’evento del El Niño, sono stati registrati sbiancamenti in: Bahrain, Maldive, Sri Lanka, Singapore e parti della Tanzania: sbiancamento catastrofico con tassi di mortalità massiccia spesso vicino al 95% dei coralli colpiti; Kenya, Seychelles, Tailandia, Vietnam, Giappone e Belize: 50-70% di mortalità su vaste aree; Oman, Madagascar, parte della Grande Barriera Australiana, parte della Indonesia e delle Filippine, Taiwan, Palau, Polinesia francese, Galapagos, Bahamas, Isole Cayman, Florida, Bermuda e Brasile: severi sbiancamenti solo in alcuni punti dei reefs con mortalità compresa tra 20-50%. Anche i coralli mediterranei sono sensibili allo sbiancamento, sebbene non siano stati ancora registrati avvenimenti di massa.
In realtà quello che ho potuto vedere e che documento con le foto seguenti, non lo definirei un semplice fenomeno di sbiancamento dei coralli. I coralli infatti entro i 15/20 metri di profondità erano tutti completamente morti e ricoperti da una pellicola algale marrone.
Quello che era forse il più splendido, complesso e variegato ecosistema del pianeta era ridotto ad una unica, enorme distesa di scheletri. Credo che questo sia il primo vero disastro ecologico indiretto causato dall’uomo. Non il classico disastro immediato derivato da una causa-effetto, ma uno sconvolgimento che ha radici più profonde, legate alle variazioni climatiche che stanno affliggendo il nostro pianeta.
Tutte le numerosissime specie di Acropore con struttura a ramo sottile o tubolare spesso erano addirittura crollate, ricoprendo ampie zone sulla sabbia. Tutte le costruzioni erano morte e degradate sia le strutture ad ombrello delle Acropore e delle Montipore che quelle a fungo o panettone delle Alveopore, o di qualsiasi altra forma o tipo. Assolutamente nulla era rimasto vivo.
Quelle che seguono sono solo una piccola parte delle immagini che ho raccolto.


Distesa di scheletri di Acropora.


Altra distesa


Particolare ravvicinato di una Acropora


Altro particolare, si notano bene le alghe marroni.


Struttura madreporica completamente spoglia e degradata.


Particolare di un altra struttura.



Su questa Alveopora (?) sono rimaste alcune chiazze di tessuto vivo. Un eccezione.

I tessuti morti dei coralli favoriscono la crescita di alghe. Sulla parte superiore esposta alla luce, per la gioia degli Acanturidi, crescono delle alghe verde scuro/marrone, sulla parte inferiore macroalghe e alghe calcaree (nella foto).

Sotto i 20 metri
Sotto i 15/20 metri di profondità la situazione si normalizza soprattutto per quanto riguarda i coralli molli (ma non solo). Numerosissime e di varie forme e colore le Gorgonie e le Dendronephtie, frequenti Lobophyton e le Sinularie e le praterie di Goniopore e Actinodiscus. Numerose anche le Spugne, le Macroalghe e i Crinoidi. Molti sono stati gli incontri con invertebrati molli e duri che solitamente alleviamo nei nostri acquari, quello che mi ha colpito maggiormente e stato quello con una colonia Actinodiscus di circa 50 cm di diametro di un colore omogeneo rosso malboro.


Sul fondo una Tubastrea, numerosissime, di notte "fiorivano" completamente.

Gorgonia  
Coralli molli: una Gorgonia e una Dendronephtya

La speranza
Nonostante gli strani fenomeni già descritti di torbidità dell’acqua e di correnti "impazzite" la temperatura si era ristabilita sui valori standard (forse leggermente più bassi). Entro i primi metri ho notato numerosissime nuove piccole colonie della grandezza di un pugno di diversi tipi Acropore, che con i tessuti vivi e non ricoperti da alghe, risaltavano come fiori nell’omogeneità del colore che le circondava (nel centro della foto).

Considerando che la morte della barriera è avvenuta pochi mesi fa e la notevole lentezza con cui i coralli costruttori solitamente crescono, dobbiamo considerare questo come un segno estremamente positivo. Sembra quasi che la natura abbia reagito con energia ad una situazione critica. Se la crescita prosegua con questi insoliti ritmi probabilmente nel giro di qualche decina d’anni tutta la barriera si sarà completamente ristrutturata.


Un saluto da Marco e Alessia !

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.


TAGAsia Rannahli viaggi
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