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Le pinne

14/02/2004

Autore: Emanuele Bravin

La pinna quale mezzo di propulsione subacquea trova la sua origine in un brevetto militare del Capitano di Marina francese De Corlieu nel 1920. L’idea apparve talmente efficace da essere considerata una vera e propria arma segreta fino alla fine del conflitto. Con il passare degli anni l’uso delle pinne si è esteso al mercato sportivo, fino a divenire un accessorio qualificante dell’attrezzatura subacquea. Esistono essenzialmente due tipi di pinne, il primo composto da pale in materiali termoplastici l’altro realizzato in gomma naturale. Da un punto di vista delle prestazioni le prime consentono una maggiore elasticità che rimane inalterata a lungo nel tempo, lamentando però una bassa resistenza a graffi ed a abrasioni ed hanno comunque costi accessibili. Le pinne in gomma naturale, praticamente indistruttibili, rilevano tuttavia costi impegnativi a causa della complessità dal punto di vista costruttivo, in quanto sono costituite da mescole con caratteristiche di durezza e di elasticità diverse che vanno poi inserite in stampi secondo quantità ben precise. La scelta della pinna non è cosa banale come potrebbe sembrare, difatti sono molti i parametri da prendere in considerazione nella fase di acquisto, analizziamoli uno per volta:

la disponibilità delle grandi taglie
questo aspetto riguarda solo l’abbinamento alle mute stagne con grossi calzari, in questo caso è sempre bene accertare che la calzata della pinna sia sufficiente ad accogliere il piede vestito, difatti per poter trasmettere forza alla pinneggiata bisogna che l’intero piede poggi nel calzare.

la forza muscolare
alcune pinne rispetto ad altre risultano molto più dure nella pinneggiata , una buona gamba allenata può approfittare di pinne più rigide per avere maggiore spinta, mentre per persone che non hanno un buon allenamento sono più indicate pinne più morbide che magari hanno una spinta minore ma non fanno correre il rischio di incappare in tremendi crampi. Riguardo ai crampi in condizioni di attacchi molto forti un rimedio efficace può essere il cosiddetto ‘calcio della luna’: a gamba completamente distesa si tira un poderoso calcio verso il cielo;

tipo di immersione
Si considerano quattro categorie di riferimento: relitti, grotta, DPV e immersione libera.

Per quanto riguarda l’immersione sui relitti si predilige pinne compatte (e potenti nelle configurazioni tecniche), solitamente pinne che si esaltano nella pinneggiata detta ‘frog kick’ in modo da minimizzare la creazione di sospensione.
Particolare attenzione deve essere rivolta ai cinghioli che devono essere sostituiti con robustissime molle connesse alla pinna tramite snodi in DERLYN oppure sono tenuti ad essere molto robusti per evitare che in caso di impiglio cedano o si rompano lasciandoci ‘a piedi’.

Immersione in grotta, in questo caso emergono due scuole di pensiero, una raccomanda pinne molto corte e compatte che permettono amplissima mobilità ed agilità, l’altra invece pinne a pala molto lunghe e rigide in grado di trasmettere potenza alla pinneggiata che spesso trova a confrontarsi con correnti avverse. Un trucco usato in grotta ma estendibile a tutti è quello di fare una sicura con un elastico legato sotto il ginocchio ed un cordino collegato alla scarpetta della pinna che in caso esca dal piede rimane comunque collegata alla gamba.

Immersione con DPV, per chi usa gli scooter subacquei la pinna ha un ruolo tutto particolare, più che mezzo di propulsione diventa una deriva, è bene quindi che sia molto robusta, da non dimenticare tuttavia che sia una pinna anche molto potente dal momento che in caso di guasto dello scooter saremo noi a doverlo trascinare.

Immersione in libera, in questo caso la scelta diventa cosa più flessibile in quanto la scelta diviene assolutamente funzione delle proprie preferenze non essendoci particolari condizionamenti tecnici.

Per tutti comunque vale il principio che in caso di utilizzo della muta stagna una pinna negativa, come quelle in gomma naturale, cioè più pesante, favorisce una migliore postura andando ad annullare la spinta positiva che in alcuni casi si crea nei calzari.
Altra cosa importante è quella di portare di scorta un paio di laccioli di ricambio che sono il punto critico della pinna, sarebbe un peccato rinunciare ad una immersione per un guasto ad una pinna.

Personalmente ritengo che le pinne in gomma naturale pur essendo un progetto più datato rispetto alle nuove generazioni garantiscano maggior affidabilità dal punto di vista della resistenza e della durata, assicurando un migliore assetto dal momento che favoriscono la distribuzione della pesata su tutto il corpo e agevolano la pinneggiata a rana generalmente ritenuta particolarmente efficace. Da ricordare l’ottimo connubio con le molle di acciaio al posto dei laccioli che rendono la pinna totalmente inattaccabile da problemi tecnici.

Per finire consiglio comunque di evitare una specializzazione esaperata della tipologia di pinne in funzione del tipo di immersione, in quanto è preferibile una scelta mirata per l’attività prevalente per poi mantenerla per ulteriori usi sporadici. In un contesto in cui è fondamentale conoscere limiti e possibilità della propria attrezzatura con si è familiarizzato in innumerevoli immersioni, anche la conoscenza delle reazioni tecniche sul proprio fisico può fare la differenza tra una situazione sotto controllo e una condizione di difficoltà. Si tratta di un convincimento che sta coinvolgendo molte scuole di pensiero e un gran numero di specialisti del nostro settore.

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.


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