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Home Articoli La tropicalizzazione del Mediterraneo
Pesce balestra nel Mar Mediterraneo, riflesso sotto la superficie vicino a una barca

La tropicalizzazione del Mediterraneo

27/02/2025

Il Mar Mediterraneo sta vivendo un processo di tropicalizzazione, con temperature in aumento e specie aliene invasive che alterano gli equilibri dell’ecosistema.

È da diverso tempo che si parla di quanto il Mar Mediterraneo sia in sofferenza per il cambiamento climatico e di come la presenza in molti habitat marini sempre più abbondante di mucillagine crei danni enormi soffocando specie fondamentali per il suo ecosistema.

Oggi, davanti al secondo mese più caldo della storia a livello globale da quando vengono raccolti i dati, con una temperatura media dell’aria che ha raggiunto i 16,91° a luglio 2024, non si può che constatare un peggioramento della situazione.

Addirittura questa estate l’ondata di mucillagine e fitoplancton a largo di Rimini è stata talmente estesa che è risultata visibile anche dallo spazio, come ci mostra la foto postata sul profilo di Copernicus EU!

I ricercatori del servizio europeo marino Copernicus hanno rilevato un aumento della temperatura dell’acqua di circa 0,4-0,5°C per decennio, con valori attuali che superano i 28°-29°C durante l’estate.

Pesce balestra su una cima marina nel Mediterraneo, chiaro segnale della tropicalizzazione
Pesce balestra ancorato a una corda sommersa nel Mediterraneo, immagine della sua adattabilità
Contenuti dell'articolo nascondi
Le cause del cambiamento climatico nel Mediterraneo
È corretto parlare di tropicalizzazione del Mediterraneo?
L’impatto sulla pesca e sulla biodiversità
Il caso del granchio blu
Origini e impatto del granchio blu
L’esperienza di un subacqueo
Nuove specie osservate nel Mediterraneo
Conclusioni

Le cause del cambiamento climatico nel Mediterraneo

II principale motivo del cambiamento climatico è legato all’aumento delle emissioni di gas serra causate dalle attività umane. La combustione di carbone, petrolio e gas naturale è il principale responsabile delle emissioni di anidride carbonica (CO₂), uno dei principali gas serra. La CO₂ rilasciata nell’atmosfera forma una sorta di “coperta” che trattiene il calore che normalmente verrebbe disperso nello spazio, aumentando la temperatura media del pianeta.

Questo riscaldamento nei mari, oltre che favorire la proliferazione di mucillagine, favorisce anche quella di specie aliene invasive.

È corretto parlare di tropicalizzazione del Mediterraneo?

Ma la tropicalizzazione del Mediterraneo, in realtà, è iniziata già da molti anni, essendo un mare particolarmente delicato sia a causa della sua conformazione “chiusa” sia per le acque relativamente poco profonde. Uno studio del 2010 contava 955 specie aliene, di cui 134 tra quelle animali e vegetali considerate invasive, tipiche di mari tropicali o sub-tropicali.

Queste specie entrano nel Mediterraneo dall’Oceano Atlantico o dal Mar Rosso, attraverso il canale di Suez, e grazie al riscaldamento, all’aumento della salinità e alla presenza di correnti marine più deboli, trovano condizioni favorevoli ed un veloce adattamento.

In realtà il termine “tropicalizzazione” non è del tutto corretto: è sicuramente più giusto parlare di meridionalizzazione, in quanto, per fortuna, il bacino non ha ancora acquisito una fisionomia tropicale ed alcune specie predominanti resistono ancora ai cambiamenti.

Pesce balestra solitario in acque limpide del Mediterraneo, illuminato dalla luce del sole

L’impatto sulla pesca e sulla biodiversità

Anche se alcune di queste specie sono commestibili, come il pesce coniglio o il pesce scorpione che però può causare punture dolorose anche dopo la morte dell’animale, in realtà non aiutano la pesca.

Queste specie provenienti da altri habitat mettono potenzialmente a rischio gli equilibri e la biodiversità del Mediterraneo, soppiantando in alcuni casi le specie autoctone, come ad esempio sta avvenendo con l’ormai famoso granchio blu.

Il caso del granchio blu

Questo granchio (Callinectes sapidus) è una specie di crostaceo originaria della costa atlantica delle Americhe, in particolare dalle coste degli Stati Uniti fino all’Argentina. La presenza del granchio blu nel Mediterraneo è stata segnalata per la prima volta diversi decenni fa, ma la sua popolazione è cresciuta significativamente negli ultimi anni.

È stato introdotto accidentalmente nel Mediterraneo, probabilmente attraverso le acque di zavorra delle navi o mediante il Canale di Suez. Grazie alla disponibilità di cibo e alle condizioni ambientali favorevoli si è adattato velocemente proliferando in modo significativo.

Granchi blu accumulati, specie invasiva che sta trasformando l’ecosistema del Mediterraneo

Origini e impatto del granchio blu

Essendo un predatore aggressivo e opportunista, il granchio blu ha un impatto negativo sulle specie autoctone, predando pesci, molluschi e altri invertebrati locali. Così nonostante si stia cercando, grazie al fatto che per alcune culture le sue carni sono una prelibatezza, di trasformare la sua presenza in una opportunità commerciale, per la maggior parte dei pescatori rappresenta un problema notevole.

È infatti noto per danneggiare le reti da pesca e predare le specie ittiche commerciali e ciò comporta perdite economiche significative. In sintesi, il granchio blu rappresenta un esempio lampante delle conseguenze delle specie aliene nel Mediterraneo, con impatti che si estendono dall’ecologia alla sfera economica.

Aquila di mare in immersione nel Mediterraneo, esempio di specie nuove nel bacino

L’esperienza di un subacqueo

La mia esperienza ultra-trentennale di subacqueo e di fotografo dei fondali marini non fa di me un campione statistico, ma nel mio piccolo non posso che confermare quanto la scienza ed i ricercatori hanno certificato relativamente ai cambiamenti climatici e all’impatto sul Mar Mediterraneo.

Nuove specie osservate nel Mediterraneo

Alcune specie, come ad esempio l’aquila di mare, fino ad un paio di decenni non mi era mai capitato di poterle osservare in immersione nel Mediterraneo. Improvvisamente, prima saltuariamente e poi sempre più frequentemente, ho potuto vederle nuotare e fotografarle alle secche di Tor Paterno al largo di Torvaianica.

Successivamente hanno fatto la loro comparsa in determinati periodi dell’anno al Banco di S. Croce nel Golfo di Castellamare, uno dei più fantastici posti di immersione in Italia e che già frequentavo da tempo.

Infine qualche anno fa a Marettimo una delle meravigliose isole delle Egadi, ecco che usciti dalla Cattedrale, la più famosa grotta sommersa dell’isola, un folto gruppo di aquile di mare che nuotano poco distanti dalla costa.

Ma non solo aquile di mare, qui ad aspettarci vicino alla scaletta della barca, dei piccoli pesci balestra e qualche esemplare di pappagallo, tutte specie che fino ad allora avevo potuto osservare solo nei miei viaggi subacquei in Mar Rosso.

Pesce chirurgo tropicale in immersione , segnale della meridionalizzazione marina

Conclusioni

Oggi è sempre più frequente avere notizie di avvistamenti di specie marine non autoctone nel Mediterraneo: se da una parte fanno notizia e costituiscono un’attrattiva in più per noi fotografi subacquei, la rapidità di questi mutamenti, prima strettamente legati a lunghi periodi geologici, non fanno presagire nulla di buono per il futuro dei nostri mari.

Articolo originale pubblicato su ScubaZone 77


TAGcambiamento climatico clima effetto serra Meditteraneo predatori
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Franco Tulli
Franco Tulli

Ha collaborato e collabora con diverse società del settore, tra cui il prestigioso National Geographic e cura un blog sul mare su Huffington Post. Molte delle sue foto sono stata pubblicate su riviste internazionali di fotografia subacquea e naturalistica: Unterwasser, Asian Geographic, Asian Diver, Mare. Esposte in mostra in tanti parti del Mondo e utilizzate da enti come FAO, ONU, Ministero dell’Ambiente. Negli anni ha conseguito molti riconoscimenti attraverso i più importanti premi internazionali di fotografia, tra cui il World Shootout, Images of Asia, Australian Geographic, Siena Awards, Oasis.

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