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Home Articoli La motocicletta più fotografata del mondo
moto fotografata mondo

La motocicletta più fotografata del mondo

10/10/2025

Se vi chiedessi così, su due piedi: “Qual è la motocicletta più fotografata del mondo?” probabilmente dopo un primo istante di perplessità pensereste che questa domanda è davvero bislacca. In realtà non è la domanda a essere bizzarra ma piuttosto il soggetto attorno al quale la domanda ruota. Se infatti vi chiedessi “Qual è l’opera d’arte più fotografata del mondo?” dopo una pausa di riflessione più o meno lunga tentereste una risposta tipo, chessò, La Gioconda oppure il David di Michelangelo o, ancora, I girasoli di Van Gogh.

Ma io vi ripropongo la stessa domanda perché questa è funzionale alla storia che vorrei raccontarvi. Quindi, “Quale è la motocicletta più fotografata del mondo?”. 

Avessero posto a me questa domanda avrei forze azzardato “La Yamaha gialla e azzurra di Valentino Rossi!” che con questo bolide ha vinto per 5 anni di fila il campionato del mondo di MotoGP. Volendo dare una risposta un pò più “tecnica” avrei anche potuto rispondere “La mitica BMW R80 G/S Parigi-Dakar“ con la quale il belga Huber Auriol ha conquistato 2 vittorie alla massacrante corsa nel deserto africano e che fa bella mostra di sé nel museo della casa motociclistica bavarese, fotografata da tutti i motorrader che si recano in pellegrinaggio nel luogo in cui questa icona delle due ruote è stata creata.

Contenuti dell'articolo nascondi
Il relitto della SS Thistlegorm
L’affondamento della nave durante la Seconda Guerra Mondiale
La scoperta del relitto e la sua importanza turistica
La BSA W-M20: la motocicletta più fotografata del mondo
I numeri delle immersioni e dei fotografi
Un ultimo appuntamento con la “vecchia signora”

Il relitto della SS Thistlegorm

E invece no. Per quanto possa sembrarvi impossibile, la motocicletta più fotografata del mondo si trova a circa 30 metri di profondità sotto la superficie del mare, nella stiva buia di una nave da trasporto inglese affondata nella notte fra il 5 e il 6 agosto 1941 nei pressi dello Stretto di Gubal, dove era alla fonda in attesa di potere attraversare il Canale di Suez.

Per essere più precisi, la nave in questione si chiama SS Thistlegorm ed era una dei battelli che componevano la flotta commerciale della compagnia scozzese Albyn Line. Questo, come molti altri natanti, erano stati trasformati in cargo armati e utilizzati per il trasporto di uomini e mezzi in tutti i teatri bellici della Seconda Guerra Mondiale. Nello specifico, il “Cardo Blu”, questo il significato in gaelico di Thistlegorm, aveva intrapreso un viaggio da Glasgow alla volta di Alessandria d’Egitto dove avrebbe dovuto rifornire l’Ottava Armata inglese forte di 200.000 uomini stanziati in Egitto e Cirenaica. Poiché le truppe italo-tedesche controllavano l’intero Mediterraneo Orientale mentre l’Egitto rimaneva saldamente in mano agli Inglesi, la rotta più sicura per fare arrivare a destinazione nel porto di Alessandria il proprio carico era quella che prevedeva la circumnavigazione dell’Africa, doppiando il Capo di Buona Speranza, la risalita del Mar Rosso e l’attraversamento del Canale di Suez.

L’affondamento della nave durante la Seconda Guerra Mondiale

Ed è proprio mentre il Thistelgorm era ancorato a ridosso del grande reef di Shaab Ali in attesa di passare Suez, che due bombardieri tedeschi Heinkel He 111 di ritorno alla loro base sull’isola di Creta dopo una infruttuosa missione di caccia alla nave australiana Queen Mary, individuano per puro caso il cargo e lo centrano con due bombe ad alto potenziale in vicinanza del deposito delle munizioni.

L’esplosione fu enorme e la nave, ferita a morte, colò rapidamente a picco in assetto di navigazione su di un fondale piatto e sabbioso profondo poco più di 30 metri, portando con sé il suo enorme carico e 9 uomini, il più giovane dei quali era un marinaio di soli 17 anni.

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La scoperta del relitto e la sua importanza turistica

Per circa 15 anni la nave rimase dimenticata sul fondo del mare. Poi fu il Capitano Jacques-Ives Cousteau che, nel marzo del 1955, nel corso di una lunga missione nell’Oceano Indiano a bordo della celeberrima Calypso, scopri il relitto e ne pubblicò la storia nel 1956 sul numero di febbraio del National Geographic Magazine, non rendendo però mai note le coordinate per la sua localizzazione.

Il relitto rimase quindi di nuovo sconosciuto al mondo fino al 1992 quando uno skipper di Hurgadha, tal Roger Winter, incominciò a portarvi i primi subacquei e la notorietà di questo eccezionale museo sommerso della Seconda Guerra Mondiale si diffuse a livello planetario, tanto è che oggi rappresenta l’indotto economico legato al turismo più importante dell’Egitto, addirittura superiore a quello delle Piramidi e del Museo Archeologico del Cairo.

La BSA W-M20: la motocicletta più fotografata del mondo

Ma in tutto questo, cosa c’entra la motocicletta più fotografata del mondo?

C’entra, perché il Thistlegorm trasportava, fra le altre cose, un importante carico di motociclette destinate sia alla scorta di convogli che al trasporto di dispacci e documenti. Erano moto robuste, concepite per il deserto e che continuarono a essere prodotte per usi civili anche dopo la fine del conflitto. Fra i vari modelli, uno in particolare interessa questa storia; si tratta della BSA W-M20 trasportata in una trentina di pezzi nella stiva numero 2 del cargo.

Tutte le moto sono ancora ordinatamente disposte nei camion che le trasportavano ad eccezione di una. Per un qualche bizzarro gioco della fisica e del caso, durante l’esplosione e la discesa verso il fondo, una di queste moto è stata sbalzata fuori dal mezzo di trasporto ed è caduta diritta, quasi fosse nel salone di esposizione di un concessionario. Questo la rende un soggetto perfetto per essere ispezionata e fotografata da tutti i lati, cosa non possibile per gli altri motoveicoli ancora sui cassoni dei camion Ford tanto è che non c’è guida, sito internet o articolo di giornale che, parlando di questo relitto, non inserisca questa immagine.

I numeri delle immersioni e dei fotografi

Ma adesso prendiamo carta e penna e facciamo un pò di conti… Ammettiamo per difetto che le immersioni sul Thistergorm siano iniziate a pieno regime solo dal 2000 in poi e ammettiamo che le imbarcazioni che giornalmente si recano sul sito siano una dozzina, per 300 giorni all’anno.

Ogni imbarcazione fa scendere in acqua almeno 12 subacquei la metà dei quali, come minimo, ha un apparecchio fotografico. Sempre per difetto ipotizziamo che ogni fotografo scatti almeno 3 foto alla BSA.

Arriviamo a quasi 3 milioni di scatti e tutte le mie stime sono state fatte per difetto…

Credo proprio che non ci siano dubbi riguardo al fatto che la nostra moto, anche se in fondo al mare, sia la motocicletta più fotografata al mondo…

Un ultimo appuntamento con la “vecchia signora”

Mentre sto scrivendo le ultime parole di questa storia, sollevo lo sguardo dalla tastiera del computer e guardo fuori dalla finestra della imbarcazione che mi ha di nuovo portato a Shaab Ali e che è ancorata sopra al relitto del Cardo Blu.

In lontananza, sotto al cielo cremisi del tramonto africano, montagne viola e deserto giallo. Il mare è una tavola questa sera e la luna tarderà poco a risalire l’orizzonte. Macchina fotografica, illuminatori e attrezzatura per l’immersione sono ancora da sistemare.

Devo arrivare preparato, perché all’alba di domani ho di nuovo un appuntamento con una “vecchia signora” che mi aspetta trenta metri sotto la superficie, in una stiva buia e silenziosa, pronta per risplendere alla luce dei miei lampi come la diva immortale di un mondo dove il vostro cielo finisce e inizia il cielo dei subacquei.


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Davide De Lorenzi
Davide De Lorenzi

Medico Veterinario, Specialista in Clinica e Patologia degli Animali da Compagnia, Dottore di Ricerca in Fisiologia e Fisiopatologia degli Animali da Compagnia, Professore a Contratto presso le Facoltà di Medicina Veterinaria di Parma, Pisa e Teramo. Iscritto all’ultimo anno della Laurea Triennale in Biologia Marina Presso la sede di Ravenna. Guida Subacquea con la passione per la fotografia sia sopra che sotto l’acqua, giro il mondo per descrivere con i miei scatti l’infinita bellezza del creato e del genere umano. Alcune mie fotografie sono state pubblicate su National Geographic Italia e numerose fotografie ad argomento naturalistico sono arrivate finaliste a prestigiosi concorsi internazionali come l’Oasis Photo Contest e il Wildlife Photographer of the Year. Come Cartier-Bresson penso che fotografare voglia dire “mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l'occhio.” “Mare calmo non fa buon marinaio”

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