L’HMHS Britannic è impostato presso i cantieri Harland & Wolff di Belfast nel 1911 come RMS Britannic, ovvero Royal Mail Steamship. Allo scafo è attribuita la costruzione n.433. Armatore del prestigioso transatlantico è la Compagnia White Star Line, tra l’altro già proprietaria delle due navi gemelle del Britannic: RMS Titanic e la primogenita RMS Olympic.
La nave passeggeri è trasformata in ospedale galleggiante allo scoppio della Prima Guerra Mondiale allo scopo di evacuare i soldati feriti dal fronte turco dove si era consumata la sanguinosa battaglia dei Dardanelli.


L’affondamento del Britannic e la scoperta del relitto
Il Britannic affonda in seguito all’urto di una mina lasciata nel Canale di Kea dal sommergibile tedesco U73. Il Capitano Bartlett cerca di condurre la nave verso la costa per salvarla dal completo naufragio, ma l’acqua che entra dalla falla è troppa e così il Britannic affonda su di un fondale di -118 metri.
Quando la prua tocca la sabbia, la poppa e le sue grandi eliche svettano ancora a mezz’acqua.
L’ammiragliato britannico nasconde la posizione del relitto per molti decenni.
Le coordinate sono tenute segrete e nessuno lo ritrova fino al 1975, quell’anno il leggendario esploratore e oceanografo Jacques Y. Cousteau spende un mese di ricerche a bordo della sua Calypso per ritrovarne il relitto. Solamente gli ultimi giorni della spedizione danno i frutti sperati.
Le condizioni meteorologiche volgono al peggio e così le immersioni sono rinviate all’anno successivo.
Una nuova spedizione per il 50° anniversario della scoperta del relitto
Il 2025 si celebra il 50° anniversario della scoperta del relitto dell’HMHS Britannic da parte di Cousteau ed è proprio questo anniversario che ha spinto il team di PHY Diving, condotto da Andrea Murdock Alpini, a tornare a immergersi sul relitto del grande leviatano addormentato. Il team internazionale che ha svolto le immersioni sul relitto dell’HMHS Britannic è composto dagli italiani David d’Anna, Marco Setti, Davide Pezone, dagli svizzeri: Raffaele Mazza e Stella Del Curto e infine dalla compagnie greca: Yannis Tzavelakos e Jorgos Vandoros.
Le domande irrisolte sull’affondamento e il ruolo di Cousteau
La scoperta della nave ospedale da parte dell’equipaggio della Calypso è stato un evento importante nel 1975. Molte erano le illazioni e i dubbi che aleggiavano circa i motivi dell’affondamento.
I giornali di guerra parlavano di siluramento, i tedeschi che erano colpevoli di aver affondato una nave ospedale, crimine di guerra, si difendevano dicendo che a bordo vi erano soldati e non feriti accusando gli inglesi di utilizzare la nave ospedale sotto mentite spoglie.
Quale era il nome del sommergibile che l’aveva affondata? È vero che il Britannic, come nel caso dell’RMS Lusitania, trasportasse armi nelle sue stive?
A queste e ad altre domande ha dato risposta il Comandante Cousteau con le sue immersioni.
Le immersioni del 1975: attrezzature e limiti
Siderali sono le differenze tre le tecniche e le tecnologie di immersione utilizzate nel 1975 e nel 2025.
Gli uomini di Cousteau si immergevano respirando trimix in circuito aperto respirando da dei tribo, privi di gav, appositamente costruiti per l’esplorazione. Le mute erano umide, l’illuminazione era fioca, freddo e narcosi erano assai patite. I tempi di fondo erano ristretti, pochi minuti erano realmente trascorsi sul relitto, il tempo per conoscere e visitare erano ridottissimi.
Le mani dei subacquei erano nude, la decompressione la si faceva in campana, dopo aver tolto il tribo con abilità e leggiadria sott’acqua prima di entrare nell’ambiente protetto che era calato a 45m di profondità. La campana era poi issata bordo della Calypso dove i sommozzatori completavano la decompressione prima di uscire dal boccaporto che li metteva in collegamento con l’ambiente aereo.
La tecnologia odierna e la nuova frontiera dell’esplorazione profonda
Cinquant’anni dopo si sono fatti enormi passi in avanti sulla tecnologia, ma forse si è perso molto anche del senso di avventura.
La spedizione subacquea HMHS Britannic di PHY Diving è stata svolta con l’utilizzo di rebreather, mute stagne, sotto muta performanti che tengono al caldo il subacqueo per tutta la permanenza in acqua, scooter e potenti illuminatori. Il tempo di fondo trascorso sul relitto oggi varia tra 25 e 35 minuti con conseguenti decompressioni che si attestano attorno alle tre ore. Questo è forse il vero cambiamento che ha interessato le immersioni profonde, la capacità di adattarsi alla profondità.
Perchè è possibile questo?
Perchè oggi ci si immerge con un bagaglio di conoscenze tecniche sulle decompressione che sono il risultato di cinquant’anni di prove e teorie. La ricerca non si ferma ed è proprio in occasioni come queste che si ha la possibilità di farla progredire. Durante la spedizione sul relitto del Britannic sono stati svolti importanti test scientifici legati alla decompressione e alla fisiologia umana del subacqueo in immersione.

I test scientifici sulla decompressione
Gli studi sono stati coordinati dal Professor Gerardo Bosco dell’Università di Padova e dalla Dott.ssa Simona Mrakic Sposta dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano.
Diversi sono i risultati ottenuti dal Team di PHY Diving durante la missione.
Il relitto dell’HMHS Britannic è stato documentato con fotografie e video da poppa a prua per tutta la sua lunghezza. Le informazioni raccolte durante le immersioni diventeranno parte del lavoro di ricerca che Andrea Murdock Alpini sta convogliando all’interno del suo prossimo libro, in uscita a Natale 2025: HMHS Britannic: il leviatano degli abissi.
I reperti del Britannic saranno visibili ad Atene
“L’anno prossimo ad Atene avremo anche qualche novità.
La spedizione internazionale che ci ha preceduti, diretta da Richie Kholer, quest’anno ha ottenuto i permessi necessari al recupero di alcuni reperti significativi dal relitto. Per la prima volta, in Grecia e nel mondo, avremo la possibilità di vedere memorabilia e parti del Britannic recuperate ed esposte per il grande pubblico. Questo è importante.
Solo così la memoria dell’epoca dei grandi transatlantici continuerà a vivere, per sempre, oltre il normale decadimento biologico a cui tutti siamo soggetti nel tempo”.


Le condizioni nel Canale di Kea e il futuro del Britannic
Un relitto difficile da raggiungere
Così ci dice Andrea Murdock Alpini mentre ci racconta una delle immersioni condotte dal team di PHY Diving. Il Canale di Kea è internazionalmente noto per le sue avverse condizioni meteo marine. I venti da Nord soffiano sempre vigorosi per la maggior parte dell’anno, le correnti marine sono sostenute e spesso imprevedibili.
“Immergersi su questo relitto richiede tempo.
L’attesa è fondamentale. Bisogna sapere aspettare il momento giusto in cui le condizioni sono favorevoli e non sprecare l’occasione”.


Qual è lo stato di conservazione del Britannic?
Il lavoro svolto dal team di PHY Diving è stato molto utile per documentare lo stato di conservazione del relitto e capire il suo destino. Tuttavia è lo stesso Alpini a dirci: “Il Britannic l’anno prossimo (2026) si troverà sott’acqua da oltre un secolo, 110 anni. Questo incomincia ad essere un tempo piuttosto lungo di permanenza sul fondo per un transatlantico simile. Quanto vivrà ancora laggiù il gigante addormentato?
La risposta si può averla solamente entrando nel relitto e supervisionando le strutture basse prossime ai 120 metri. Lì tutto cambia rispetto alla parte superiore e luminosa del relitto che si trova attorno ai 90 metri di profondità.
Il Ministero greco per l’Archeologia Subacquea e il proprietario inglese del relitto Simon Mills dovrebbero consentire di organizzare mirate ricognizioni degli interni. Solo così conosceremo davvero lo stato di salute del leviatano degli abissi.”

Alla domanda: “Pensi di tornare in Grecia, in futuro?” Alpini ha risposto dicendoci che entrare nel cuore del Britannic sarebbe davvero un sogno, ma ora ha altri progetti su cui vuole concentrarsi: la documentazione video dell’RMS Lusitania in Irlanda tra poche settimane e poi il grande ritorno sul relitto dell’Andrea Doria, in America, per l’anno prossimo. Nel 2026 si celebreranno i 70 anni dell’affondamento, un appuntamento a cui non vuole assolutamente mancare.
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Foto di copertina di Davide Pezone