Immersione sul relitto del sommergibile Sebastiano Veniero: un viaggio subacqueo tra memoria storica e vita marina, raccontato da Massimo Ardizzoni. Dal porto di Marzamemi fino ai 50 metri di profondità, il team di Rebreather Sicilia documenta immagini e sensazioni di un luogo che custodisce la storia e il riposo eterno del suo equipaggio.

Preparativi e partenza da Marzamemi
La sveglia suona presto, come di consuetudine, anche se Massimiliano brontola, ci abbiamo fatto il callo, l’appuntamento è fissato con tutto il resto del team di Rebreather Sicilia per le 8 del mattino a Marzamemi. Giunti al diving, il gruppo si riunisce, oltre a me e Massimiliano ci sono Riccardo, che come al solito, di prima mattina, dispensa battute alla palermitana e Santo, che non passa mai inosservato a causa della sua statura.
Finite le battute varie ed i convenevoli, cominciamo a scaricare l’attrezzatura subacquea e le custodie video fotografiche. Nel frattempo giunge Matteo, il titolare del diving El Cachalote, oggi sarà lui il nostro accompagnatore ed angelo custode in superficie, il quale, appare titubante per la quantità di materiale da caricare sul gommone. In effetti quando ci muoviamo tutti e quattro in assetto tecnico e con l’attrezzatura foto-video, è un trasloco e non possiamo biasimarlo.

Il diving è affacciato direttamente sul porticciolo di Marzamemi che, in questo periodo, appare ancora più affascinante senza la solita calca estiva ed anche se siamo a metà novembre, il tempo ci ha regalato una giornata meravigliosa, mare piatto e cielo terso, non potevamo sperare in meglio.
La navigazione è breve, sono poche miglia in direzione sud; quello che ci fa tribolare un pochino è piazzare il pedagno in maniera comoda sul relitto, ma basta avere pazienza ed anche questa è fatta, onore al merito dei nostri accompagnatori.

Il sommergibile Sebastiano Veniero e la sua storia
Era tanto tempo che non andavo a trovarlo, la mia ultima visita risaliva al lontano 2005, quando, andare a fare un tuffo sul sommergibile Sebastiano Veniero, era diventata una piacevole abitudine per noi subacquei girovaghi.
Quando Riccardo propose al team di andare a documentarlo, fu diverso, non era la solita passeggiata sterile su di un relitto, era qualcosa di diverso. Sul Veniero, nell’arco degli anni, si è detto e scritto di tutto, non avevamo la pretesa di scoprire chissà che cosa, ma, l’idea di Cingì piacque a tutti noi di Rebreather Sicilia.
Avevamo il compito, forse l’onere, di documentare i resti di un sommergibile della classe Barbarigo, che ebbe la sfortuna di essere speronato dal piroscafo Capena, mentre navigava alle prime luci del giorno sotto il pelo dell’acqua, il 26 agosto 1925.
E sin qui, nulla di diverso rispetto a quello che avevamo fatto fino ad oggi, cioè documentare relitti e storie di relitti. Riccardo voleva che documentassimo il tutto, avendo ben chiaro nella mente che questo sommergibile non è solo un luogo di memoria, ma è un luogo di riposo.
Dentro il suo modesto scafo di 67 metri, giacciono ancora i resti dei vari: Paolo… Goffredo… Rosario… Giovanni… Umberto… Leonardo… per citare solo alcuni dei 48 componenti dell’equipaggio, vittime di una colpa non loro.

La discesa e le prime immagini del relitto
Finalmente tocca a me e Massimiliano, fortunatamente la discesa è breve, dopo un veloce check ci fiondiamo ed in men che non si dica siamo a circa 50 metri. La visibilità è ottima, molto meglio del previsto, visto che siamo in zona di paranze, mi aspettavo di trovare il solito limo sospeso; meglio così possiamo goderci la visita.
Quando sono in acqua, soprattutto per documentare un relitto, il mio primo pensiero è sempre rivolto alla qualità dell’acqua, il più grosso spauracchio per i fotografi. Siamo atterrati in prossimità della prua e ne approfittiamo per andare a dare immediatamente un’occhiata. Con Massi ormai siamo abbastanza rodati, questo ci permette di capire al volo il punto di interesse per ottenere una foto di effetto, così dimezziamo le “fatiche”, anche se non sempre.
Reti a strascico e danni al relitto
La prua è interamente avvolta da reti a strascico, ce n’è una in particolare che la avvolge come una sorta di caramella, arriva sul fondo e crea una specie di drappo ornamentale. Elegante da vedere, ma a ripensarci, pessimo nell’insieme, e così lungo tutto il relitto.
Il relitto è conosciuto da tutti i pescatori professionisti e non, è segnalato sulle carte, c’è un’ordinanza che ne vieta in zona ancoraggio, pesca ed immersioni, ma nonostante tutto questo, la gente, irrispettosa di questo cimitero militare, continua a pescarci, fregandosene dell’eterno riposo di quell’equipaggio.
Il pensiero mi fa arrabbiare, mi disturba in tal modo che, per un istante, smetto di scattare e penso a come potrebbe essere tutto più bello ed armonioso, se ci fosse più rispetto tra gli umani e per i defunti.

Il cannone e la vita marina sul Veniero
Lasciamo la prua e ci dirigiamo verso il primo pezzo di artiglieria, un cannone da 76/40, il primo dei due. Anche se imbrigliato da un groviglio di cime e lenze di varie dimensioni, ancora mantiene la sua imponenza e Massimiliano, fotografato vicino a lui, sembra un fuscellino.
Il relitto è interamente ricoperto di alghe calcaree rosee, che gli conferiscono un aspetto insolito per una macchina da guerra. Dove prima c’era il grigiore di una lamiera, ora c’è una nuova vita colorata: questo è il mare che prende e che dà.
Numerose murene, Boghe e Anthias creano bellissime coreografie intorno a un drappo di rete galleggiante, adornato di decine di Spirografi.
La poppa, l’elica e la documentazione fotografica
La coperta è un susseguirsi di lamiere, tubi e resti non identificabili. Ecco che compare l’elica a tre pale, ormai colonizzata da innumerevoli organismi: ci potrei stare delle ore a guardarli.
Nel frattempo sono arrivati anche Riccardo e Santo. Sulla strada, incrocio Riccardo che mi abbaglia con i suoi fari: sembra che stia pilotando un’astronave con la sua Gates, e mi viene in mente il film Incontri ravvicinati del terzo tipo.
La torretta e il rispetto per il relitto
Siamo in zona centrale, sulla torretta, adocchio il boccaporto aperto. Si narra che in passato vari avventurieri si siano intrufolati all’interno in cerca di reperti: il triste destino di molti relitti abbandonati.
Mi affaccio all’interno, senza entrare, in rigoroso silenzio, ripensando agli ultimi istanti prima dell’impatto con il Capena: urla, preghiere, concitazione di chi sa che è troppo tardi per raggiungere la salvezza.
Conclusione e omaggio all’equipaggio
Con quest’ultimo pensiero, fisso l’immagine della scaletta sotto di me e mi rendo conto che è ora di iniziare la risalita. Ciao Veniero, ciao ragazzi, prometto che tornerò a trovarvi per onorarvi.
Articolo originale pubblicato su ScubaZone 32
Foto di copertina di ©Massimo Ardizzoni
Galleria di immagini del relitto del Veniero



Foto © Massimo Ardizzoni
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