Dopo un anno di monitoraggio, la tecnica ISSD con biostuoie di cocco mostra grandi risultati. Collaborazione tra università, subacquei scientifici e Coop rilancia la tutela del Mediterraneo.
Una tecnica che funziona: dati e risultati
Maggio 2024, Area Marina Protetta di Bergeggi. A un anno dalla prima messa a dimora, le talee di Posidonia oceanica trapiantate con la nuova tecnica ISSD mostrano un tasso di attecchimento del 76,2%.
Un valore sopra le aspettative, se si considerano i tassi di attecchimento dei metodi tradizionali, che raramente superano il 50% in condizioni ottimali.
Il risultato supera le aspettative: le talee “orfane”, raccolte dopo le mareggiate, mostrano un’alta resilienza, purché i siti di impianto siano selezionati con precisione millimetrica.
Il metodo consiste nell’utilizzare talee naturali non prelevate, ma recuperate da frammenti staccati dal moto ondoso o da attività antropiche. Gli operatori subacquei installano biostuoie in fibra di cocco sui fondali, selezionati tramite rilievi geomorfologici, e vi inseriscono le talee una per una. Ogni intervento richiede fino a 20 immersioni.

I numeri del progetto “foresta blu”
- 12 mesi di monitoraggio
- 300 m² riforestati tra Bergeggi ed Elba
- 76,2% di sopravvivenza delle talee
- 3 aree pilota (Liguria, Toscana, Puglia)
Il progetto “Foresta Blu”, lanciato nel 2023 da Coop in collaborazione con ISSD, Università di Genova e Bari, LifeGate e la barca da regata Anywave, rappresenta una delle iniziative più avanzate di riforestazione marina nel Mediterraneo.
Subacquei scientifici e precisione millimetrica
È un lavoro da specialisti. “Gli operatori agiscono come chirurghi dei fondali”, spiega Ferrari. Prima della posa, i subacquei effettuano rilievi sullo stato della prateria esistente, sull’esposizione e la granulometria del substrato. Le biostuoie, fissate in profondità, creano un supporto fisico stabile per le talee. La tecnica riduce l’impatto ambientale e accelera l’insediamento.
La Posidonia oceanica è una pianta superiore, non un’alga: ha radici, rizomi, fusto, foglie e frutti. Cresce lentamente e ha esigenze ambientali molto specifiche, rendendo ogni intervento di ripristino delicato e non replicabile in modo industriale.
La situazione in puglia: tra criticità e speranza
Oltre a Bergeggi ed Elba, il progetto guarda al sud. In Puglia, i fondali di Savelletri e Torre Guaceto mostrano ancora una buona tenuta ecologica, mentre la situazione a Monopoli appare critica. Qui la prateria è ormai frammentata, con chiazze isolate e numerose ancore abbandonate.
Qui la prateria è ormai frammentata, con chiazze isolate e numerose ancore abbandonate. I dati dell’Università di Bari sono inequivocabili: a Monopoli abbiamo si sono persi più del 60% delle praterie in 20 anni, e senza azioni immediate si rischia il collasso dell’ecosistema costiero
A nord, nella zona di Cala Corvino, si ipotizza un intervento urgente con l’installazione di campi boe. A luglio partirà una mappatura con droni subacquei per identificare le zone potenzialmente recuperabili.
Perché la posidonia è importante nell’ecosistema del mediterraneo
I posidonieti sono ecosistemi chiave. Ospitano oltre un quarto della fauna marina del Mediterraneo, proteggono le coste dall’erosione e immagazzinano carbonio con una capacità superiore alle foreste tropicali. La loro presenza segnala acque pulite e un equilibrio chimico-fisico stabile.
Secondo il CNR, la posidonia può assorbire CO2 fino a 10 volte più delle foreste temperate. La regressione delle praterie è un segnale allarmante: il 34% della superficie totale è già andata persa negli ultimi 50 anni.
Minacce multiple, risposta coordinata
Le principali pressioni sono l’ancoraggio selvaggio, la pesca a strascico, l’inquinamento costiero e il cambiamento climatico. Il rumore sottomarino e la presenza di specie aliene aggravano la situazione.
L’obiettivo è chiaro: proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030, come previsto dal Global Biodiversity Framework (Target 30×30) e dall’Agenda ONU 2030 (Obiettivo 14). La riforestazione marina è una delle strategie più promettenti.
Ruolo attivo delle comunità subacquee nella riforestazione della posidonia oceanica
Riconoscere una prateria in sofferenza è il primo passo concreto anche per chi si immerge con regolarità. La segnalazione di ancore abusive o di talee strappate può attivare interventi di recupero. Diving center, guide e appassionati hanno un ruolo fondamentale nel monitoraggio informale e nella sensibilizzazione.
La citizen science e la formazione sul campo sono strumenti cruciali. In molte aree protette, i diving center collaborano attivamente con i progetti di monitoraggio e riforestazione.
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi
Il modello testato a Bergeggi è replicabile, ma richiede tempi, risorse e competenze specifiche. L’estate 2025 sarà decisiva per estendere la mappatura in Adriatico e valutare nuovi impianti. Il ripristino non sostituisce la prevenzione, ma diventa un alleato fondamentale dove la prateria può ancora essere salvata.
Proteggere la posidonia significa proteggere la biodiversità, la qualità dell’acqua e la resilienza dei nostri mari. Per i subacquei esperti, vuol dire anche conoscere, osservare e agire. Sott’acqua, ogni dettaglio conta.
La prossima volta che vedi un’ancora danneggiare la posidonia: la segnalerai al portale delle Capitanerie?
Capitaneria di porto: www.guardiacostiera.gov.it/
Fonte: Studi del CNR-ISPRA (2018) e Life SEPOSSO (2020) riportano sopravvivenza media del 30-45% per tecniche come “fascines” (fagotti di talee legate) o “ancoraggio con picchetti”.
Fonte Università di Bari: UniBa – Dip. Biologia, progetto Posidonia
Approfondimento sulla Posidonia oceanica: Posidonia oceanica: non sono un’alga!