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Home Articoli Medicina e tecnica L’idoneità medica nella pratica dell’attività  subacquea sportiva

L’idoneità medica nella pratica dell’attività  subacquea sportiva

12/05/2010

Autore: Laura Vernotico

Sappiamo tutti quanto sia importante essere in buona forma fisica quando si è subacquei. Approfondiamo adesso questo argomento addentrandoci nel complesso mondo dell’idoneità  medica in chi pratica l’attività subacquea.
L’attività  subacquea viene svolta in Italia sia come attività  ludico ricreativa, sia come attività  professionale (in ambito portuale, in ambiente pressurizzato ad aria, all’interno di Corpi Specializzati come ad esempio i Sommozzatori dei Vigili del Fuoco – VV.F., carabinieri, esercito). Il rischio in immersione è simile indipendentemente dall’attività svolta in acqua, eccetto forse il maggior controllo e tutela per i subacquei industriali, ciò nonostante esistono protocolli diversi per il rilascio dell’idoneità all’attività  subacquea.
Partiamo da un po’ di storia…..In Europa la subacquea moderna (intesa come lo è oggi) nasce tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’50, sulla scia dei pescatori dei mari del sud del mondo e dei brevetti industriali. In seguito ai perfezionamenti apportati alla apparecchiature tecniche e all’utilizzo in ambito militare di apparecchi a circuito chiuso, l’industria immette sul mercato apparecchi per la respirazione autonoma a circuito aperto che usano aria compressa e che prevedono quindi una più semplice utilizzazione. Comincia così la storia dello sport subacqueo.
Soffermiamoci adesso sulla subacquea intesa come sport e attività  ludico ricreativa.
Tra il 1948 e il 1949 iniziano le prime manifestazioni agonistiche e i primi corsi per l’insegnamento dell’immersione ricreativa, a questi si aggiungono ricerche mediche volte allo studio della psicologia e della fisiologia dell’attività  subacquea che viene svolta in un habitat non naturale per l’uomo e che quindi sottopone l’organismo a particolari stress psico-fisici. Al fine di preservare l’incolumità  dello sportivo, garantendone la sicurezza, diventa quindi necessaria l’idoneità  medica. (1)

La Medicina dello Sport nasce qualche decennio prima, esattamente nel 1912, in seguito a ricerche scientifiche orientate a valutare le influenze dello sport sul corpo umano. Questa branca della medicina comprende le nozioni mediche, teoriche e pratiche, che esaminano l’influenza dello sport, dell’allenamento e della mancanza di esercizio su persone sane o malate di qualsiasi età . La
principale funzione Medico Sportiva risulta essere quella legale: la legge prevede infatti il superamento di una prova di valutazione funzionale e strutturale per poter praticare sport agonistico a qualsiasi livello.

In base alla legislazione italiana lo sport dilettantistico, cioè non praticato per professione, può essere svolto a livello agonistico o non agonistico. Viene definita “agonistica” (circolare del Ministero della Sanità N.7 del 31 gennaio 1983) quella forma di attività  sportiva praticata sistematicamente e/o continuativamente soprattutto in forma organizzata dalle Federazioni Sportive Nazionali, dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e dal Ministero della Pubblica Istruzione relativamente ai Giochi della Gioventù a livello nazionale, per il conseguimento di prestazioni sportive di un certo livello. Questa è tuttora l’unica definizione di attività  sportiva contenuta nelle norme di tutela sanitaria; di conseguenza si potrebbe dedurre che per il legislatore la distinzione tra agonismo e non sia tutta compresa nella finalità , per il primo caso, di conseguire “prestazioni sportive di un certo livello.

La legislazione italiana prevede che chiunque si dedichi ad attività  sportive agonistiche debba sottoporsi, con periodicità  annuale o biennale, (a seconda del tipo di sport) ad una visita di idoneità  effettuata da un medico specialista.
La pratica di uno sport comporta un rischio calcolato che la rende accettabile nell’ambito delle attività umane. I rischi più frequenti sono rappresentati dalle lesioni traumatiche e dagli incidenti cardiovascolari. La prevenzione di questi eventi è prevalentemente legata al controllo del fattore umano e del fattore tecnico impliciti nello sport praticato. Il controllo del fattore umano si attua con la selezione accurata dei soggetti da avviare a specifiche forme di attività  sportiva e con il controllo periodico del loro stato di salute, nonchè del grado e delle modalità  di allenamento. (2) Nel nostro paese è possibile praticare alcuni sport anche a livello professionale, nell’ambito di società sportive o come singoli professionisti tesserati dalle federazioni di competenza. Per quanto riguarda l’attività  subacquea, la federazione di riferimento del CONI è la FIPSAS (Federazione Italiana per la Pesca Sportiva e l’Attività  Subacquea).

Quando uno sport viene svolto a livello agonistico è necessario il certificato di idoneità  alla pratica sportiva agonistica, rilasciato dallo specialista in Medicina dello Sport, cioè da un professionista qualificato nelle attività sanitarie di natura preventiva, curativa, riabilitativa che ha per oggetto la tutela della salute della popolazione sportiva.
Ricordiamo che in Italia l’attività  subacquea è considerata uno sport agonistico (per un decreto legge basato su un parere della Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività  Subacquee, affiliata al CONI – comitato olimpico italiano – ed alla CMAS), ciò nonostante non sempre è richiesto il certificato da parte di altre agenzie didattiche. (3)

Secondo la classificazione degli sport in base all’impegno cardiovascolare (da: Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 1995 – Comitato Organizzativo Cardiologico per l’Idoneità  allo Sport) la subacquea rientra tra le attività  sportive con impegno cardiovascolare di tipo neurogeno, caratterizzata cioè da modesto impegno cardiaco da un punto di vista modinamico (portata cardiaca) ma elevato sul piano della sollecitazione neuroormonale, soprattutto adrenergica (incrementi medio elevati della frequenza cardiaca), tipico delle competizioni ad importante impatto emotivo. Anche se quest’ultima da sola non è probabilmente sufficiente a realizzare un rischio cardiaco reale se non in casi eccezionali, bisogna tenere presente che l’attività  subacquea è gravata dal cosiddetto rischio intrinseco, in relazione all’ambiente sfavorevole nel quale si svolge.

In base al decreto ministeriale (23 febbraio 1983), gli accertamenti sanitari da svolgersi per ottenere l’idoneità  alla pratica della subacquea a livello ludico ricreativo sono i seguenti:

  1. visita medica, il cui modello è riportato su apposita scheda valutativa, che comprende anamnesi (familiare, fisiologica, patologica, interventi chirurgici, infortuni), rilievo di peso e statura e
    trofismo, esame obiettivo rivolto in particolare agli organi e apparati impegnati nello sport praticato (apparato locomotore, apparato cardio-respiratorio, addome, orecchie, occlusione dentale, articolazione temporomandibolare), valutazione dell’acutezza visiva (naturale e/o corretta) e del senso cromatico, udito (voce sussurrata a 4 metri).

  2. esame completo delle urine

  3. spirometria con rilievo di capacità  vitale (CV), capacità vitale forzata (CVF), volume espiratorio massimo al secondo (VEMS o FEV1), indice di Tiffeneau (VEMS/CV) e massima ventilazione volontaria (MVV)

  4. ECG a riposo (frequenza cardiaca – FC, intervallo PQ, intervallo QT)

  5. ECG dopo sforzo (indice rapido di idoneità  – IRI)

  6. visita otorinolaringoiatra (ORL) con audiometria.

In conclusione: la subacquea è uno sport che viene praticato in un ambiente straordinario e può essere gravato da imprevisti che ne aumentano l’impegno psico-fisico (trasporto dell’attrezzatura per tragitti più lunghi del previsto, corrente, mare mosso con conseguente difficoltà a  salire sull’imbarcazione, compagno in difficoltà  che deve essere aiutato).
Da questo si evince quanto sia importante verificare annualmente l’integrità  del sistema cardiorespiratorio e motorio.
E’ altresì importante un controllo annuale di bocca, naso, orecchie per escludere sia la presenza di patologie specifiche sia possibili danni che la pratica intensiva di tale sport può potenzialmente causare.

Bibliografia

  1. http://www.fotosubclub.com/storia_fipsas.htm (14 aprile 2006)

  2. D’Andrea L. (ANCE), Proto C. (ANMCO), Bettini R., Villella A. (FMSI), Caselli G., Giada F., Pelliccia A. (SIC), Penco M., Thiene G. (SIC-SPORT), Guiducci U., Delise P., Paolo Zeppilli. Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità  allo sport agonistico 2003. Terza edizione, Casa Editrice Scientifica Internazionale (C.E.S.I.), Roma, 2003

  3. http://www.smartsport.it/articoli/Approfondimento42.asp?IDV=02 (14 aprile 2006).

Per informazioni:

web: www.lauravernotico.com
email: info@lauravernotico.com

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore.


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